Bitcoin non è un tulipano
L’improbabile paragone tra Bitcoin e la bolla olandese dei bulbi di tulipani del 1600 sta diventando noiosa.
Bolla dei tulipani. Non se ne può più sentir parlare. Specie se la si vuole ossessivamente collegare a Bitcoin, vista la sua natura potenzialmente speculativa.
Nella prima metà del XVII secolo, nei Paesi Bassi la domanda di bulbi di tulipano raggiunse un picco così alto che ogni singolo bulbo di tulipano raggiunse prezzi enormi (sopra a 200 fiorini olandesi); questo straordinario livello dei prezzi calò comunque drasticamente in breve tempo. A partire dal 1636, il bulbo di tulipano diventò il quarto principale prodotto di esportazione dei Paesi Bassi dopo gin, aringhe e formaggio. Il prezzo dei tulipani salì alle stelle a causa della speculazione sui futuri tulipani fra coloro che non avevano mai visto i bulbi. Alcune persone ottennero e persero la loro fortuna da un giorno all'altro, così come accade durante tutte le grosse bolle speculative.
Diventa sempre più comune leggere di improbabili associazioni tra questa famigerata bolla e tanti altri eventi più o meno speculativi. Tra questi, troviamo ovviamente la rivoluzione di Bitcoin.
La bolla del mainstream
Il fatto che il giornalismo abbia completamente perduto la via non è certo una novità. I giornalisti devono scrivere ingenti quantitativi di materiale atti a produrre il maggior numero di clic possibili, per cui il tempo necessario per la ricerca di informazioni non è più loro concesso. Questo senza neanche considerare che quasi tutte le testate mainstream sono finanziate dallo Stato ed inevitabilmente rese un braccio fondamentale della propaganda. Questo tipo di dinamica ben si palesa nei confronti di argomenti sempre più scottanti. Uno di questi è, appunto, Bitcoin.
Un recentissimo articolo di Roberto Manca e Roberto Viola del Corriere della Sera, non nuovi nella lucrativa attività della promozione della disinformazione, mostra adeguatamente la precisa volontà da parte dei giornalisti di voler denigrare Bitcoin (esaltando la dubbia nobiltà dell’euro digitale) e, allo stesso tempo, le evidenti limitazioni nella capacità di ricerca che portano anche a confondere la definizione di eventi storici con titoli di film del 1964.
Le criptomonete hanno natura altamente speculativa. Cosa che ricorda la corsa al tulipano nero del ‘600, dove la generazione del valore era affidata a concetti effimeri e a valori generici e ipotetici attribuiti da ciascun individuo e sommati tra di loro.
Si tratta solo dell’esempio italiano più recente, imitazione di discorsi di altri sedicenti esperti come Andrea Resti dell’Università Bocconi che, in un’intervista all’Huffpost, affermava:
In comune con i tulipani, i Bitcoin hanno una tecnologia che fa aumentare in modo lento e controllato la massa di moneta in circolazione, attraverso il mining; e il fatto di essere diventati un investimento speculativo, con forti apprezzamenti e cali di valore.
Altro esempio è quello di Gabriel Makhlouf, Governatore della Banca centrale d'Irlanda, che ha dichiarato in diversi comunicati che lui non avrebbe mai comprato Bitcoin, paragonandolo alla bolla dei tulipani.
Anche Jamie Dimon, CEO di JP Morgan, nonostante la società offra servizi collegati e probabilmente ne accumuli nel corso del tempo, ha definito Bitcoin come una truffa ancora più pericolosa dei bulbi di tulipani.
Potremmo passare in rassegna casi analoghi per moltissimo tempo.
La bolla dei tulipani
Accantonato il sentito dire, passiamo ai fatti. Non mi riferisco solo all’idea di fare ordine tra la confusione esistente nei paragoni che vedono Bitcoin da una parte e tulipani dall’altra, ma anche a quella di fare chiarezza sugli accadimenti nell’Olanda nel 1600.
Cosa accadde veramente e come andò a finire la storia della speculazione sui tulipani? Anne Goldgar, storica americana specializzata nella storia culturale e sociale europea, ha analizzato tali vicende scavando negli archivi storici per fare le ricerche del suo libro, Tulipmania: Money, Honor, and Knowledge in the Dutch Golden Age.
Gli ultimi decenni del 1500 videro i Paesi Bassi come protagonisti della prima esplosione del commercio internazionale.
Mentre l'economia cambiava, cambiavano anche le interazioni sociali ed i valori culturali. Un crescente interesse per la storia naturale e un fascino per l'esotico tra la classe mercantile significò che i beni dell'Impero ottomano e dell’Oriente si apprezzassero molto. L'afflusso di questi beni spinse anche gli uomini di tutte le classi sociali ad acquisire competenze nelle aree in cui la domanda era più forte.
I tulipani venivano coltivati a Istanbul già nel 1055. Nel XV secolo il Sultano Mehmed II dell'Impero ottomano aveva molti fiori nei suoi 12 giardini, i quali richiedevano un personale di 920 giardinieri. I tulipani erano tra i fiori più pregiati, diventando infine un simbolo degli Ottomani.
Gli olandesi appresero che i tulipani potevano essere coltivati dai semi che crescevano sui bulbi madre; un bulbo che cresce dal seme impiegherebbe dai 7 ai 12 anni per fiorire, ma un bulbo stesso potrebbe fiorire in un anno.
Qui inizia la leggenda. Secondo il mito popolare, la mania dei tulipani influenzò tutti i livelli della società olandese nel 1630. Secondo questo punto di vista, tutti, dai mercanti più ricchi agli spazzacamini, iniziarono a commerciare i tulipani, acquistando bulbi a prezzi elevati e vendendoli a prezzi ancora più elevati. Le aziende volevano far parte solo del commercio di tulipani, diventando questa una mania alla fine del 1636. Ma nel febbraio 1637 le cose cambiarono. Sempre più persone non accettavano più di acquistare i tulipani ai prezzi che avevano promesso, ed i commercianti che avevano già pagato rimasero in debito o andarono in bancarotta. Almeno questo è ciò che è sempre stato raccontato.
Ma Anne Goldgar ha una visione diversa, supporta dalle sue ricerche.
Non c'erano molte persone coinvolte e le ripercussioni economiche furono piuttosto minori. Non sono riuscita a trovare nessuno che fosse andato in bancarotta. Se fosse stata veramente una distruzione totale dell'economia, come suggerisce la leggenda, sarebbe stata una cosa molto più difficile da affrontare. In questo caso fu molto difficile affrontare il fatto che quasi tutte le relazioni si basavano sulla fiducia, e le persone pensarono: “non mi importa se ho detto che intendevo comprare questa cosa, non lo faccio più e non ho intenzione di pagare”. Non c'era alcun meccanismo per forzare le persone a pagare, perché i tribunali non erano disposti a farsi coinvolgere. Mentre la mancanza di dati preclude una conclusione solida, i risultati dello studio indicano che la speculazione dei bulbi non fu una vera e propria mania.
Quindi, se la tulipmania non fu in realtà una calamità, perché si dice che lo sia stata? Per farla breve, purtroppo abbiamo tra di noi critici morali cristiani e vecchi calvinisti olandesi preoccupati che il boom del consumismo dei tulipani avrebbe portato ad un decadimento della società. La loro insistenza sul fatto che tale ricchezza fosse ingiusta è arrivata fino ai giorni nostri. In breve, i racconti sulla mania dei tulipani riflettevano le ansie nel vedere cambiamenti culturali radicali all’interno della società, ben espressi nel libro di Charles Mackay, Extraordinary Popular Delusions and the Madness of Crowds. Lavoro, per altro, scopiazzato da quello di Johann Beckmann, Storia delle invenzioni, che per descrivere la tulipomania si era basato sui pamphlet satirici che circolavano in Olanda dopo l'esplosione della bolla. Entrambi, non storici, contribuirono al diffondersi della leggenda.
La bolla di Bitcoin
Quelli che vogliono trovare similitudini tra la bolla dei bulbi di tulipani e Bitcoin sono gli stessi che sostengono che quest’ultimo non sia coperto da nulla e quindi inaffidabile. È ironico, perché ogni critica a Bitcoin si affianca sempre ad una difesa gergale nei confronti della valuta fiat (dollaro, euro, etc) che, per definizione stessa, non è coperta da nulla.
Fiat: dal latino, che sia [quel che sia] - Ovvero significa che la moneta fiat non è altro che sé stessa, non ha un controvalore fisico (come ad esempio le monete d'oro), non ha valore intrinseco, e non è convertibile (ad esempio in oro).
Bitcoin, d’altra parte, è ben coperto dalle leggi della termodinamica, dall’energia e dalla matematica in generale. Trasmuta il bene fondamentale dell'universo, l'energia, in valore accumulabile e spendibile. Questo dispendio energetico è essenziale per il funzionamento del network, in quanto disincentiva la disonestà dei nodi. Già all'inizio del XX secolo, i sostenitori del libero mercato come Henry Ford e Thomas Edison erano interessati a sostituire l'oro o il dollaro con denaro energetico. Tuttavia il denaro energetico era tecnologicamente molto acerbo, poiché l'energia non poteva essere trasmessa o immagazzinata facilmente utilizzando le tecnologie dell'epoca.
Inoltre, se si comprende davvero la mania dei tulipani, si capisce che questa non ha alcuna reale analogia con Bitcoin. Quest’ultimo non è stato spinto dall'arte, dalla bellezza o da alcuna parvenza di collezionismo, ma è emerso principalmente come una resistenza alla repressione finanziaria. Se si vogliono confrontare due fenomeni in cui i beni crescono rapidamente di prezzo, questa non mi pare una differenza da poco.
Tanto meno, Bitcoin si basa sulla fiducia o sul debito, elementi che invece hanno caratterizzato la mania dei bulbi, soggetti allo stesso deperimento naturale della valuta fiat. Il paragone Bitcoin-tulipani non sembra infatti essere diverso da un altro paragone fatto troppo comunemente dai media mainstream, ovvero quello Bitcoin-Crypto. La custodia di Bitcoin, ad esempio, non richiede intermediari fidati e quindi può essere conservato senza il rischio di appropriazione, un rischio invece esistente per il denaro fiat (e per i tulipani).
Nel caso di Bitcoin, l'offerta totale che sarà sempre disponibile è di 21 milioni. Secondo le leggi della domanda e dell'offerta, più persone vorranno acquistare una quota della quantità fissa di Bitcoin, più in alto salirà il prezzo, a parità di condizioni. Al contrario, la quantità di tulipani non è e non era fissa, ed alcuni bulbi potevano essere utilizzati per propagare più bulbi piuttosto che essere piantati affinché sbocciassero.
E infatti, si tratta di differenze intrinseche che si riflettono sull’andamento di queste bolle.
Ma l'azione dei prezzi non è ciò che entusiasma riguardo Bitcoin. Ciò che è eccitante è che il monopolio centralizzato, controllato dai banchieri centrali, sull'emissione del denaro è prossimo alla fine. Un driver completamente diverso rispetto al collezionismo esotico. In questo senso, è ridicolo parlare di bolla ancor più di come sarebbe ridicolo parlarne in riferimento alla ruota, agli smartphone oppure ai computer. Chi pensa che Bitcoin sia soggetto a fenomeni di bolla sono le stesse persone, guarda caso, che pensano che la stampa di denaro sia la soluzione alle crisi finanziarie causate a loro volta dalla stampa di denaro stessa.
Bolle e bugie
Ci sono dunque molte più similitudini tra il denaro fiat e quasi-fiat (1914-1970) con i tulipani che tra Bitcoin e tulipani. La bolla dei tulipani è durata circa due anni, durante i quali il prezzo è cresciuto di circa 60 volte, per poi tornare ai livelli originali. L’assunto di base per paragonare Bitcoin ai tulipani risiede quindi nel fatto che il primo non può avere successo perché qualche mercante olandese nel 1600 ha acquistato dei bulbi di tulipani che qualche mese dopo non valevano più nulla. Banale? In effetti, lo è.
La bolla del mercato azionario nel 1929 ha visto un aumento di 6 volte in meno di un decennio, seguito da un ritorno ai livelli originali, proprio come nel caso dei tulipani. Bitcoin ha iniziato ad essere paragonato ai tulipani dopo il crollo del 2018. Si era apprezzato del 200.000.000% in 9 anni e poi crollò, mantenendo però un apprezzamento pari al 30.000.000%. In quel momento, il suo controvalore era pari a circa 4.000 dollari.
Non sono sufficienti aumenti di prezzo ed entusiasmo verso un bene per provocare la nascita, e scoppio, delle bolle. Il processo di formazione delle bolle deriva, nel tempo, da una cattiva allocazione delle risorse, tipico problema del mondo fiat. Infatti, le bolle (il prodotto di un aumento della quantità di moneta) possono formarsi senza un corrispondente aumento dei prezzi.
Da questo possiamo dedurre che le bolle rappresentano l'espansione dell'offerta di moneta e dove il risultato fondamentale di questa espansione è l'emergere di attività che non creano ricchezza. Inoltre, una volta che si osserva un aumento del ritmo di crescita dell'offerta di moneta, possiamo dire con certezza che questo pone le basi per le attività in bolla (boom). Al contrario, una volta che si osserva un calo del ritmo di crescita dell'offerta di moneta, possiamo dire con certezza che questo pone le basi per lo scoppio delle attività in bolla (bust). Ecco perché proprio in questi mesi di maggiori strette monetarie, ad esempio, stiamo assistendo al progressivo scoppio delle bolle immobiliari in giro per il mondo.
Al contrario, solo perché un bene è volatile nel prezzo (dato un controvalore) non lo rende automaticamente una bolla. Le vere bolle non continuano a produrre massimi più alti e minimi più alti come ha fatto Bitcoin nel corso del tempo.
Per adesso, le cadute di prezzo di Bitcoin non sono paragonabili non solo alla bolla dei tulipani, ma neanche a qualsiasi tipo di bolla di cui l’uomo abbia fatto esperienza. Questo non significa che il successo nel lungo termine sia garantito al 100%, come non è garantita la costanza di una domanda consistente. La decisione spetta sempre e comunque al mercato.
Abbiamo capito che quindi la mania dei tulipani, in realtà, non è mai davvero esistita, che i moralisti progressisti la usano comunque per condannare qualsiasi cosa possa essere associato al concetto di ricchezza, che le bolle sono un fenomeno tipico del mercato artificiale e risultato della manipolazione monetaria e che Bitcoin non è un tulipano.
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