Il potere tecnosocialista del debito
Dalla costruzione degli imperi del debito a Bretton Woods, dalla Fabian Society ad oggi.
I due pilastri fondamentali dell'Europa occidentale sono ormai diventati gli elementi fondamentali di tutto il mondo: banche centrali e debito pubblico enorme. I due sono sempre stati strettamente interconnessi.
Nel 1694 la giustificazione originale per la creazione della Banca d'Inghilterra prevedeva che se il Parlamento avesse concesso il monopolio a questa banca centrale privata, essa avrebbe fornito prestiti di ultima istanza al governo britannico. Questo fu il quid pro quo ed è sempre stato onorato da parte della Banca d'Inghilterra. Oggi stiamo però arrivando a quello che sembra essere la fase finale del ciclo del debito che si è generato durante questo processo. L'entità dei debiti pubblici di tutto il mondo è così grande che neanche un'iperinflazione creata dalle banche centrali potrà eliminare la maggior parte dei debiti nazionali. Questo è particolarmente vero per le promesse dello stato sociale moderno.
Gli stati sono in default. Questo creerà la più grande rimozione di legittimità nella civiltà occidentale sin dal 1694. Tutto ciò che gli Stati hanno fatto in Occidente sin da quel momento, anno in cui hanno avuto origine gli imperi del debito, è dipeso dal debito pubblico e dalle banche centrali. Entrambi verranno messi in discussione presto. Poco per volta, nel corso dei decenni, il concetto di economia reale si indebolì, così come il ricorso all’oro. In Italia questa dicotomia era ben rappresentata dall’oro monetario dal ricchissimo Regno delle due Sicilie da una parte e dai Savoia, dall’altra, con quest’ultimi che erano indebitati con i Rothschild e il cui denaro era coperto dall’oro solo per un terzo.
Dopo la seconda guerra mondiale, con Bretton Woods, venne deciso che l’unica moneta al mondo che poteva essere convertita in oro dovesse essere il dollaro. A quel punto gli USA avrebbero potuto stampare una certa quantità di dollari in virtù delle riserve auree a Fort Knox. Peccato che, in realtà, stamparono molto di più, infestando il pianeta di assegni a vuoto.
Dopo Bretton Woods
Data la scarsità dell'oro, ogni qual volta si aveva l'impressione o il sentore che un governo debitore si fosse impegnato in un azzardo morale senza ritegno, il governo creditore avrebbe potuto chiedere al Tesoro del governo debitore la restituzione del proprio oro. Questo è quello che successe nel 1965 quando il presidente francese De Gaulle disse alla Banca di Francia di avviare le pratiche per la restituzione dei dollari agli Stati Uniti in cambio di oro. Se tutti avessero fatto la stessa cosa, sarebbe emersa la truffa mondiale.
Quando le riserve auree statunitensi scesero a livello critico nell'agosto 1971, invece di frenare la politica monetaria statunitense, Nixon chiuse la finestra dell'oro, interrompendo l'ultimo legame del sistema monetario internazionale col metallo giallo. In diretta mondiale, decretò la fine degli accordi di Bretton Woods. L'obiettivo principale della decisione di Nixon del 1971 era quella di impedire corse agli sportelli del Tesoro degli Stati Uniti.
Da quel momento in poi l’oro venne unicamente rappresentato dal dollaro. Fu la nascita della valuta fiat. Nel 1973 il dollaro fu ancorato al petrolio grazie ad accordi tra la Federal Reserve con l’Arabia Saudita, che stabilivano che l’esercito americano avrebbe protetto l’Arabia Saudita da qualsiasi attacco e fornito loro armi, e in cambio l’Arabia Saudita avrebbe dovuto vendere il petrolio esclusivamente in dollari. Da qui nasce la vera egemonia del dollaro. È chiaro che nel momento in cui tutto risulta essere in mano ad un sistema usuraio che domina il mondo attraverso lo strumento del debito, la democrazia altro non è se non un fantoccio. Un sistema d’usura ormai, o da sempre, ramificato tra diversi uomini ed enti e che attinge dalla parte peggiore di ogni cultura e ogni religione. Basti pensare a come i fondi di BlackRock e compagnia siano arricchiti dal mondo islamico, sionista e cattolico. Nasce quel mondo unipolare che lo stesso Putin, mesi fa, ha contestato, proclamando l’esigenza di un mondo che fosse, invece, multipolare. Per quanto per molti questo sia un aspetto difficile da digerire, si è trattato di un pensiero estremamente lucido.
Gli Stati Uniti, ancora non contenti dell’egemonia che avevano creato, istituirono il circuito SWIFT, in modo tale da avere anche il monopolio, o quasi, del controllo sulla rete di comunicazione del denaro. Quello che hanno usato per tagliare fuori la Russia dall’economia occidentale. Una Russia che, però, si era già preparata a questo scenario con l’estremo sviluppo delle interazioni commerciali con gli altri membri del BRICS.
Putin ha poi dato luogo ad ulteriori azioni strategiche importanti come obbligare l’occidente a pagare il gas in rubli, legare gli stessi rubli a beni reali come, appunto, gas e petrolio, incentivare l’ingresso dell’Arabia Saudita nei BRICS che, quindi, abbandonerà progressivamente il dollaro. Poco per volta, vedremo un petrodollaro svuotarsi sempre di più di…petrolio. In questo scenario, una delle vie d’uscite proposte dall’occidente è un progressivo allargamento della guerra, come si evince dalle continue provocazioni. È infatti solo dalla distruzione, seguita da un Reset, parziale o totale, che può ultimarsi il grande sogno occidentale: il globalismo (che in realtà non ha nulla a che fare coi valori occidentali). Da qui derivano altri valori e ideologie distruttive come il transumanesimo, il tecnosocialismo, genderismo, e l’idea del Nuovo Ordine Mondiale che abbiamo sentito spesso nominare da Mario Draghi nelle sue conferenze stampa durante la pandemia e alludendo ai termini coniati dalla Fabian Society.
Nota su Putin: le parole precedentemente scritte non rappresentano certamente un appoggio verso un qualunque tipo di atto criminale, ma solo il prendere atto di una lucidità di pensiero. Una lucidità di pensiero che, tra l’altro, non è detto che non sia benefica e che non sia congeniale ad un piano internazionale univoco. Mi sembra infatti corretto chiedersi se la tecnocrazia che diverse fazioni dell’occidente stanno implementando non possa essere addirittura condivisa con l’Oriente (basti guardare la Cina, la sua linea politica e la sua sempre più stretta alleanza russa). In questo senso, possiamo vedere Putin come null’altro che una pedina, poco diversa da Zelensky, che aveva il compito di limitare la condivisione delle sue risorse con l’Occidente che, in ginocchio, sarebbe stato costretto ad implementare o accelerare nuove linee politiche.
La sentite, voi, quest’accelerazione? Percepite, con l’intuito, la fretta nel realizzare un piano? Come se ci fosse una scadenza prossima. La scadenza del debito, forse?
Ora, un margine positivo in questa ondata di negatività. Esiste una speranza ed è rappresentata dalle scelte delle persone comuni e dal mercato. I globalisti stanno agendo sul filo del rasoio, e le loro azioni devono essere ponderate estremamente bene per non cadere da una parte o dall’altra. Prendono potere dal sistema descritto in precedenza, il sistema del debito. Il Grande Reset serve anche a restaurarlo. Ma il punto è che il sistema del debito sta crollando, anche secondo ciò che molti definiscono come una demolizione controllata. Non è detto, però, che le cose non sfuggano di mano ai globalisti poiché, appunto, si muovono su terreni molto fragili e, contemporaneamente, ci sono forze in azione che potrebbero sfruttare qualunque falla venutasi a creare per combattere il Nuovo Ordine.
Sulla Fabian Society
La Società fabiana citata prima, o Fabian Society, nacque nel 1884 (un secolo prima rispetto all’ambientazione del romanzo di George Orwell) a Londra, con l’obiettivo di mettere in pratica le teorie del filosofo Thomas Davidson. Questi sosteneva di voler portare il mondo verso un sistema di vita migliore con gruppi di individui si impegnassero a vivere un alto ideale di amore e fratellanza. Tutto molto bello.
Tuttavia, i primi dodici membri della Società si mostrarono scettici verso le idee di Davidson e desiderarono un più preciso programma di riforme sociali. Pertanto, dichiararono di aver bisogno di tempo prima di enunciare una linea d’azione. Di qui, su proposta di Frank Podmore, co-fondatore del movimento, assunsero il nome di Fabiani per indicare il loro desiderio di esaminare i fatti più a fondo prima di agire. Il nome della Società deriva infatti da quello del generale romano Quinto Fabio Massimo, detto il Temporeggiatore, che evitava le battaglie campali per poi gradualmente logorare le forze nemiche, come si legge in uno dei primi opuscoli fabiani.
Proprio il concetto di gradualismo è la chiave di volta del pensiero politico dei Fabiani, i quali credevano nel graduale affermarsi del socialismo, tramite riforme incipienti, a differenza del marxismo che predicava un cambiamento rivoluzionario. Tale principio però si affermò solo molto tempo dopo la fondazione della Società, grazie al contributo di Sidney Webb, altra figura illustre del Fabianesimo.
A Keynes, tanto per citarne uno, piacevano molto gli studi dei Webb, come il testo Soviet Communism, A New Civilisation. Essendo i leader della Fabian Society, i Webb lavorarono per decenni per realizzare il socialismo in Gran Bretagna. Negli anni ’30, si trasformarono in propagandisti ardenti del nuovo regime comunista in Russia. In effetti, Keynes disse al pubblico Britannico che Soviet Communism era un lavoro che ogni cittadino serio farebbe bene a guardare.
La Gran Bretagna, secondo Keynes, ha infatti molto da imparare dal lavoro dei Webb.
Mi lascia un forte desiderio e speranza che in questo paese possiamo scoprire come combinare una disponibilità illimitata di sperimentare cambiamenti nei metodi politici ed economici e nelle istituzioni, pur conservando il tradizionalismo ed una sorta di attento conservatorismo, parsimoniosi per tutto ciò che è l’esperienza umana dietro di essi, in ogni ramo della percezione e dell’azione.
Cosa spiega le lodi di Keynes per il libro dei Webb e per il sistema Sovietico? Ci sono pochi dubbi sul fatto che la ragione principale sia, ancora una volta, la sua profonda avversione alla ricerca del profitto, un atteggiamento che condivideva con i Fabiani. Secondo la loro amica e seguace Fabiana Margaret Cole, la Webb considerava la Russia Sovietica come la speranza morale e spirituale del mondo.
Una caratteristica degna di nota dei complimenti di Keynes al sistema Sovietico è la loro totale mancanza di analisi economica. Keynes sembra allegramente inconsapevole che possa esistere un problema di calcolo economico razionale sotto il socialismo. Questa questione aveva già occupato gli studiosi continentali per qualche tempo ed è stato al centro di vivaci discussioni presso la London School of Economics (fondata dai fabiani nel 1895 come conseguente polo formativo di rilievo per l’élite).
Fabian Society e Pandemia
Di recente ho scoperto l’esistenza di Fabian Society e Pandemia, titolo del libro di Davide Rossi, che descrive i fabiani come caratterizzati da una maggiore raffinatezza rispetto ai marxisti che li porta ad adottare una lenta strategia di pervasione del socialismo all’interno di tutte le istituzioni di potere, in una lenta ed impercettibile rivoluzione. Tuttavia, una volta allineate tutte le condizioni ideali, il teorizzato colpo fabiano deve essere secco. Tutto ben rappresentato dal loro stemma: un lupo travestito da agnello.
L’ideologia fabiana ha sempre idealizzato un mondo futuro tecnosocialista, in cui vigesse il primato della scienza, la collettivizzazione dei mezzi di produzione, espropriazione delle piccole proprietà private, amanti dell’eugenetica, delle teorie del depopolamento e della centralizzazione estrema del potere, a sua volta finanziato dai tre o quattro soliti noti.
Davide Rossi, tra i vari prodotti e derivati della London School of Economics, cita George Soros, Tony Blair, Romano Prodi, Carlo Cottarelli, Massimo D’Alema e Roberto Speranza. Non è infatti un caso che quest’ultimo, che non si è mai occupato di salute, membro di un partito politico irrilevante, ex assessore di Potenza, privo di ogni tipo di carisma, sia diventato Ministro della Sanità (poi nuovamente confermato). Suo cugino lavorava nella segreteria di Gordon Brown, l’ultimo premier laburista inglese e fabiano ed editore del giornale New Statesman, dove spesso scrive dell’esigenza di un governo mondiale, necessità resa particolarmente tangibile dopo l’avvento della pandemia.
Complimenti, informazioni che fanno riflettere.