Lo Smart Citizen Wallet e i danni degli incentivi economici
In sempre più città italiane sta nascendo e avanzando l’idea di sviluppare gli Smart Citizen Wallet, portafogli digitali in grado di monitorare le attività dell’individuo a livello locale.
Una tecnologia senz’altro integrabile con lo sviluppo delle valute virtuali (CBDC), cosa che la rende ancora meno appetibile agli occhi del cittadino libero. Anche una idea che si integra in una nuova concezione di Smart City.
Chiediamoci, intanto, che cosa vuol dire smart city? Si parla ovviamente di una città. Uno spazio urbano in cui i relativi servizi e spazi urbani sono migliorati o valorizzati grazie all’innovazione tecnologica e digitale. Perché proprio smart? Perché il punto chiave è la capacità della città intelligente di connettere l’essere umano alle proprie infrastrutture.
Una smart city è anche una città in grado di offrire efficienza durante la fruizione dei servizi pubblici. Una città sostenibile, in cui l’efficienza è anche energetica e in cui lo sviluppo tende ad avere un basso impatto ambientale.
Tutto questo è reso possibile da specifiche tecnologie. Il Politecnico di Milano riporta le seguenti. Infrastrutture di comunicazione e informazione, Internet of Things (IoT), Big Data, Materiali sostenibili, AI, Sensori. Tecnologie fondamentali per una efficiente pianificazione urbana, gestione del ciclo dei rifiuti e dei sistemi di produzione e distribuzione dell’energia.
In questo articolo, comunque, non ci concentreremo sui temi strettamente legati alla gestione energetica e sostenibilità ambientale. Detto questo, è bene sapere che, al momento, la graduatoria delle città più smart d’Italia comprende: Bologna, Milano, Roma, Firenze e Venezia.
Human-Tech nella Smart City
Una delle città citate, Roma, riporta sul sito del Comune i suoi piani di innovazione. Emerge, giustamente, il ruolo centrale che il cittadino deve avere quando si pensa a modelli pubblici innovativi. Anche se, diciamolo, non è che il cittadino debba volere essere messo per forza al centro di tutto. Ma se si vuole creare una smart city, anche il cittadino deve essere smart.
“Viene sancito per il cittadino il diritto a partecipare al procedimento che lo riguarda attraverso l’uso degli strumenti digitali. Anche il diritto ad una propria, univoca, identità digitale, il diritto ad eleggere un domicilio digitale, ad interagire ed effettuare i pagamenti alla P.A. attraverso strumenti digitali. Pensiamo, ad esempio, alle piattaforme SPID e PAGO PA.”
Efficienza e velocità – ma a che prezzo?
Poche persone, probabilmente, provano piacere a dover avere a che fare con i servizi pubblici. Si pensi alle code agli sportelli o ai minuti persi aspettando l’autobus. Si pensi quanto sarebbe comodo sapere in tempo reale se l’autobus che abbiamo intenzione di prendere sia rallentato. Ad esempio, da un ingorgo nel traffico causato da un incidente.
Su questi aspetti Bologna, una delle città più smart d’Italia, è sulla buona strada. Il comune vuole facilitare il più possibile l’interazione tra cittadino ed amministrazione. Un esempio è quello di fornire al cittadino aggiornamenti continui sui lavori in corso nella città.
Ma la città di Bologna si sta spingendo ben oltre questo. Uno degli strumenti per rendere la città smart, è quello dello Smart Citizen Wallet (il portafoglio del cittadino virtuoso). Un progetto che alcune testate definiscono semplicemente ambizioso. Come riportato da Wired, Massimo Bugani, assessore per l’agenda digitale (2022-2024), ha specificato che questa funzione non sarà obbligatoria. Tuttavia, bisogna vedere che cosa comporta non parteciparvi. E, soprattutto, si tratta di una funzione che si basa sul sistema dell’incentivo economico. Sistema che tendenzialmente, purtroppo, funziona.
Si tratterà di una applicazione che potrà sapere quanto l’individuo conduca la sua vita come cittadino in modo, appunto, virtuoso. Il cittadino partecipa alla raccolta differenziata? Paga le multe? Risparmia energia? Usa i mezzi pubblici?
L’incentivo è rappresentato dal raccoglimento dei punti che si ottengono se si registrano queste attività. Punti che potranno essere spesi per avere premi e sconti sui servizi pubblici. Si parla, a tutti gli effetti, di una cittadinanza a punti.
Un sistema di cui ci sarà un cittadino di serie A ed un cittadino di serie B. Sistema che, in fondo, si sta già sperimentando a livello globale da un paio d’anni a questa parte. E funziona.
“Vogliamo fargli capire che non sono degli sfigati, ma che i loro comportamenti vengono premiati.”
Il Citizen Wallet di Roma e Milano
La capitale, sta per proporre fondamentalmente la stessa cosa ai suoi cittadini. Anche in questo caso, infatti, il cittadino virtuoso otterrà punti spendibili per i servizi pubblici. Inoltre, all’iniziativa parteciperanno anche delle società private, come partner. I primi comportamenti virtuosi da registrare, saranno la compilazione del questionario sui servizi online di Roma Capitale e l’utilizzo del servizio tap&go di ATAC. Questo succederà una volta che la versione beta del portale sarà ultimata.
Su wallet romano, maggiori informazioni in questo articolo.
Smart Ivrea
Nel 2021 è stato lanciato il progetto Smart Ivrea. Come riporta la sezione AGID del portale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si tratta del primo prototipo della piattaforma nazionale per la gestione delle comunità intelligenti. Che, alla fine, è il livello superiore allo status di smart city.
La piattaforma, integrabile con la tecnologia dello SPID, verrà definitivamente rilasciata all’Amministrazione di Ivrea a Maggio 2022.
Dal portale AGID è possibile scaricare un documento di spiegazione del progetto. Tra i vari punti troviamo i seguenti.
“Usare i principi dell’economia comportamentale per progettare un sistema premiale che induca il cittadino ad assumere comportamenti virtuosi, monitorandone i progressi mediante tecniche di sentiment analysis e web‐reputation.”
“Integrare, ridisegnare e ottimizzare l’erogazione dei servizi pubblici esistenti, facendo uso delle tecnologie abilitanti quali Blockchain ed IA.”
“L’eccellenza della soluzione proposta non risiede solamente nell’utilizzo delle tecnologie più innovative. Ma anche nell’adozione del primo modello sociale di governance partecipata che sovverte il tradizionale modello di democrazia gerarchica finora sperimentato.”
Anche in questo caso troviamo il sistema dell’incentivo. Mezzo dell’incentivo sono le Ivrea Coin. Chi sviluppa comportamenti corretti, ovvero comportamenti giudicati come corretti da chi ha sviluppato il sistema, ottiene le coin.
Economia Comportamentale
Come spiega Matteo Navacci, fondatore di Privacy Network e creatore di Privacy Chronicles, l’economia comportamentale citata dagli stessi autori del documento, si lega alla nudge theory. Un meccanismo che, senza vietare o obbligare la persona verso determinate scelte, riesce ad alterare il suo comportamento in modo prevedibile. Un modello che si integra molto bene nella nostra smart city distopica.
“In sostanza, il nudge è un meccanismo per standardizzare i comportamenti umani e renderli prevedibili.”
“L’effetto hypernudging porta a una coercizione subdola: ciò che sembra una scelta è in realtà un set definito di opzioni standardizzate create dal sistema. Il contrario del libero arbitrio e della libertà di autodeterminazione.”
“Nel 1998 James C. Scott affermava che ogni tentativo, da parte dello Stato, di razionalizzare, semplificare e standardizzare la società ha sempre portato alla creazione di forze autoritarie, che spesso sfogano in veri e propri totalitarismi e tragedie umane.”
La standardizzazione del comportamento umano rende lo stesso, ovviamente, più controllabile, manipolabile e censurabile. Come specifica l’articolo citato, non è neanche detto che il problema siano i sindaci o i governatori delle regioni. Difficile, che riescano a maturare questo tipo di pensieri, sia che si consideri la buona fede che la malafede. Il problema, è che si lasciano convincere dalle sovvenzioni e finanziamenti. Sovvenzioni che ricevono per questi ambiziosi e innovativi progetti. In fondo, stanno solo portando il loro contributo in un mondo che progredisce tecnologicamente. E nella loro smart city.
Sorveglianza a Venezia
E, infine, Venezia. Finalmente il turismo si sta riprendendo dopo la batosta dei lockdown. Ma, a quanto pare, c’è un problema.
L’amministrazione di Venezia riesce a capire quante persone ci sono in città, tracciando il numero di telefoni. Questo grazie ad un programma del valore di 20 milioni di euro chiamato Smart Control Room. Come per il progetto di Ivrea, questo programma è stato realizzato in partnership con TIM.
Si tratta di un programma di controllo che verifica tutto ciò che succede nell’area metropolitana di Venezia. Questo è reso possibile, tra le altre cose, da un sistema che si compone di 400 telecamere di sorveglianza. Lo scopo, almeno sulla carta, è quello di migliorare la mobilità interna della città. Ma poi, una volta controllata la mobilità, è facile iniziare a raccogliere informazioni sugli assembramenti o avere l’esigenza di controllare gli episodi di criminalità ed il traffico (marittimo).
Persino il New York Times denuncia queste elaborazioni di dati che non possono essere considerati solo come aggregati anonimi. Anche perché si tratta di sistemi che nel meno invasivo dei casi, identificano il sesso, età, origine e collocazione precedente della persona. Alcuni obiettano a queste strategie dicendo che Venezia non può essere trattata come un museo. Dal mio punto di vista, è trattata più come una espressione sociale e urbana high-tech oppressiva (e opprimente) esteticamente piacevole.
Il modello della Cina
Anche in questo caso, l’Europa sembra sempre di più voler imitare il modello cinese. La Cina, infatti, ha già implementato da qualche anno Digital Life. Si tratta di un sistema di credito sociale. Un sistema che negli anni scorsi è stato aspramente criticato dai media occidentali. Eppure, chi disprezza compra.
Questo sistema di credito è stato anche utilizzato durante la pandemia, per individuare e sanzionare chi non rispettava le misure restrittive. In questo caso viene creata una sorta di fedina comportamentale le cui risultanze hanno un impatto sulla vita quotidiana.
Nuovi e vecchi miti
I meccanismi di incentivo e pseudo minacce tendono ad avere successo nell’implementare sempre più strategie di controllo e sorveglianza. Ma una delle narrative che sta funzionando maggiormente è quella inerente alla sicurezza. Le persone vogliono sentirsi protetti e da secoli affidano la loro sicurezza alla comunità/Stato. Inevitabilmente, più il livello di sicurezza si abbassa e più i cittadini sono disposti ad affidarsi allo Stato.
E questo è un paradigma pericoloso, perché su questo piano lo Stato avrà tutto l’interesse ad abbassare il livello di sicurezza percepito da parte dei cittadini, giustificando in questo modo sempre più operazioni che ne vanno a difendere eventuali prerogative.
Per queste ragioni, la propensione a volersi riconoscere a tutti i costi nella collettività e nel così definito bene comune, rischia di generare individui maldestri e incapaci di prendersi cura di sé stessi, affidando la responsabilità della propria vita allo Stato.
“Controllate la vostra strada e la natura della vostra lotta.”