Per favore, risolvete il problema della morte
Un viaggio nella mente dei transumanisti e nell'ideale dell'obsolescenza dell'uomo.
Come grande appassionato di tecnologia il mio interesse si volge spesso verso le sue degenerazioni, comprese quelle che si manifestano solo su un piano percettivo ed idealistico. Questo perché è da apprezzare una tecnologia che possa permettere all’uomo di condurre una vita migliore ed è da detestare un’idea di tecnologia che priva l’uomo della sua essenza. Tutte le tecnologie che costituiscono una minaccia anche lieve per l’individuo, compresa l’abnegazione, la sottrazione di privacy e di lucidità comportamentale, tendono a rappresentare qualcosa contro cui combattere, piuttosto che qualcosa da ammirare. Ovviamente ci sono diverse sfumature.
In questo senso, ultimamente sono rimasto colpito dall’affascinante ed inquietante mondo del transumanesimo. Si tratta di un movimento i cui membri sono convinti che l’essere umano, come tale, non sia il prodotto finale di un processo evolutivo. Questo, in realtà, dovrebbe culminare con l’intervento dell’uomo stesso attraverso la tecnologia. In particolare, alla base del movimento vi è la convinzione che il progresso tecnologico e scientifico rappresentino il meccanismo di potenziamento delle capacità fisiche e cognitive dell’individuo.
Personalmente, leggendo diversi testi che trattano l’argomento, l’idea che mi sono fatto è che l’ideologia transumanista, per quanto sognatrice, a primo impatto rivoluzionaria e incentrata sulla figura dell’essere umano, è quanto di più distante da quella che dovrebbe essere una sana ideologia incentrata sull’individuo. Quest’ultima, che non approfondisco in questo articolo, si dovrebbe concentrare sull’uomo come tale ed è la massima rappresentazione della fiducia verso il singolo e verso le sue capacità razionali ed emotive. Al contrario, il transumanesimo si nutre di una sostanziale sfiducia nell’essere umano, visto fondamentalmente come una creatura debole ed inerme, con un corpo ed uno spirito che vanno necessariamente migliorati.
Nell’analizzare questo movimento, che vede le sue origini negli anni ’90, prendo spunto dal libro Essere una Macchina, di Mark O’Connell.
Lettera a Madre Natura
Una delle più note introduzioni al mondo del transumanesimo è rappresentata dalla Lettera a Madre Natura. Si tratta di un testo che evidenzia i valori fondamentali del movimento. Max More, autore del testo e grande esponente del transumanesimo, ringrazia Madre Natura per il discreto lavoro svolto ma non risparmia aspre critiche. Tra queste, emerge il mal funzionamento dell’essere umano, il quale risulta soggetto alle malattie, è vulnerabile, ha una memoria limitata e può persino morire. Ecco, l’idea dell’invecchiamento è una atroce tortura psicologica per i transumanisti.
“Useremo le biotecnologie per dotarci di una vitalità permanente ed eliminare la nostra data di scadenza. Accresceremo i nostri poteri cognitivi grazie al potenziamento tecnologico degli organi e delle capacità neuronali.”
Lo scopo, quindi, è quello di rivendicare una totale emancipazione dalla biologia.
Emulazione del cervello
Una delle attività di ricerca che i transumanisti perseguono con maggiore passione è quella dell’emulazione del cervello o, se vogliamo, l’uploading della mente. Un processo che richiederebbe tempo, sempre se realizzabile. Secondo diversi esponenti, l’umanità dovrà prima familiarizzare con le smart drugs, tecnologie indossabili, quelle di allungamento della vita e poi l’uploading, grazie al quale la nostra mente potrà essere trasferita su dispositivi hardware.
Chi sta investendo attivamente per perseguire questa missione è proprio Max More, fondatore della Alcor Life Extension Foundation, azienda proprietaria di uno dei più grandi impianti di crioconservazione al mondo, situato in Arizona. Centinaia di persone, clienti della Alcor, hanno già preso accordi con la società per essere trasportate, una volta defunte, all’interno dei loro laboratori per essere conservati in attesa della scoperta della cura dalla morte. Un accordo del valore di 200.000 dollari. Tuttavia, spedire solo propria testa, è più economico. Chi opta per la scelta di diventare un neuropaziente deve pagare solo 80.000 dollari. Costa meno, probabilmente per questioni di efficienza di… stoccaggio. L’aspettativa è che un giorno, il cervello contenuto nella testa, o la mente, sarà trasferita all’interno di un corpo artificiale.
Diversi studi, tuttavia, tra cui quelli pubblicati sulla MIT Technology Review, dubitano fortemente sulla potenziale riuscita anche solo dell’attività di rianimazione del cervello. Uno di questi è The False Science of Cryonics.
Per quanto affascinante, il business di Max More è macabro e dagli ideali contorti. Immagino come sia vivere con l’ossessione di non voler morire mai e passare la vita in mezzo ai cadaveri.
Nelle sue interviste si trovano dettagli della sua vita, per lo più passata a guardare serie tv degli anni ’70 che parlavano di colonizzazioni di pianeti e ragazzi con super poteri aiutati da avanzati sistemi di intelligenza artificiale. Altri condizionamenti derivano dalle sue lezioni di misticismo ebraico e meditazione trascendentale.
In effetti, comunque, forse solo i più zen, riescono ad accettare con facilità la prospettiva della morte. Tuttavia, l’idea che la tecnologia possa liberarci da questa condizione è in certi casi grottesca e in conflitto con l’idea stessa di vita. C’è un labile confine tra l’affermazione dell’individuo sulla natura, prospettiva che valorizza il potere e la centricità dell’essere umano, ed il senso di ripudio verso le sue stesse caratteristiche naturali.
Altri esponenti del transumanesimo sono Hans Moravec, docente di robotica cognitiva presso la Carnegie Mellon University, noto per il suo lavoro dal titolo Mind Children: the Future of Robot and Human Intelligence. Per Moravec, il futuro della specie ha per forza a che fare con l’abbandono dei corpi biologici. Anche qui, è curioso pensare che l’evoluzione possa avere a che fare con ciò che non è altro che un estremo atto di secessione dalla natura.
Il lavoro di Randal Koene, invece, è quello di estrarre la mente degli individui dal sostrato materiale per creare una copia dell’Io in formato digitale. Koene è il fondatore di Carbon Copies, una organizzazione no profit che si occupa di retroingegnerizzazione del tessuto nervoso.
L’aspetto più controverso è il fatto che in questi contesti scienza e progresso si fondono con religione e fanatismo. Ad esempio, il Human Brain Project, finanziato con 1 miliardo di euro dalla Commissione Europea, si propone di scoprire il reale funzionamento del cervello per interpretare le basi molecolari per malattie come l’Alzheimer. Nello stesso tempo, però, trattano anche di argomenti come l’uploading della mente.
Già adesso, l’atteggiamento di molte persone verso la tecnologia è, giustamente, ambivalente. I nostri movimenti nel mondo sono mediati da aziende il cui reale interesse sta nel ridurre la vita degli esseri umani a dati, da ridurre poi a profitto. I contenuti di cui fruiamo sono sempre più influenzati da algoritmi invisibili, creati da quelle aziende, la cui complicità con i governi, tra l’altro, sembra essere una delle grandi narrazioni sommerse della nostra epoca.
Dato il mondo in cui viviamo, in cui il fragile ideale di libertà già recede, fonderci con la tecnologia non significherebbe abdicare totalmente all’idea stessa di individuo?
Che poi, sono tutte argomentazioni poco nuove. Si parla, alla fine, di migrazione delle anime, di eterno ritorno (paradiso?) e reincarnazione. Cosa già viste. Se poi pensiamo al calore di un abbraccio, alla naturalezza della goffaggine umana, ad una scena di vita quotidiana, possiamo arrivare a capire che nulla di tutto ciò sarebbe mai traducibile in un codice, e non potrebbe accadere in assenza del nostro corpo.
La singolarità
Oltre all’emulazione del cervello, i transumanisti sono molto legati al tema della singolarità, intesa come quel tempo in cui l’intelligenza artificiale delle macchine supererà quella dell’uomo. Uno dei primi ad approfondire l’argomento fu Vernor Vinge nel suo paper The Coming Technological Singularity: How to Survive in the Post-Human Era.
Nel 1993, Vinge diceva:
“Entro trent’anni avremo le tecnologie necessarie a creare intelligenze superumane. Di lì a poco, l’era umana giungerà alla fine.”
Secondo Ray Kurzwil, informatico e saggista americano, la singolarità è prevista per il 2045. Secondo lui, a quel punto le persone potrebbero già avere computer incorporati nel cervello e nel sangue. Anche lui ha una visione incredibilmente strumentalista dell’uomo, visto che ritiene questi passaggi fondamentali data l’insoddisfacente potenza di calcolo del cervello.
L’intelligenza artificiale ed il rischio esistenziale
Vernor Vinge prevede che l’umanità potrebbe andare incontro a concreti rischi se una nuova intelligenza super potente abitasse il mondo. Il rischio esistenziale legato all’intelligenza artificiale riguarda proprio il rischio di annientamento della specie per effetto delle macchine.
Alcuni transumanisti e centri di ricerca avanzati stanno iniziando a lavorare su questi rischi. È ironica la percepita necessità di sviluppare delle intelligenze che superino l’uomo e che diventino inevitabilmente pericolose per lo stesso per poi condurre altri studi per evitare l’annientamento della specie. Ad ogni modo, l’importanza di uno studio preventivo sui rischi resta sottovalutata.
Istituzioni come il MIRI, Future of Humanity Instiute e la Future of Life Institute, in particolare, lavorano sia sulle super potenze intellettive artificiali che, separatamente, sul rischio esistenziale. La ragione per cui tutto ciò è paradossale è che gli stessi enti di ricerca affermano che se esistesse una super intelligenza artificiale, non si saprebbe assolutamente come evitare le catastrofi connesse che, invece, sono stimate come estremamente probabili.
Queste le parole di Nick Bonstrom, ex transumanista e filosofo svedese.
“Il rischio non sarà nell’ostilità delle macchine, ma nella loro indifferenza nei nostri confronti. Gli esseri umani, dopo tutto, non hanno mai mostrato ostilità in specie che hanno aiutato ad estinguersi. Si pensi, ad esempio, al fatto che noi siamo fatti di atomi che a loro potrebbero semplicemente tornare utili.”
Secondo le teorie della singolarità, un giorno delegheremo alle macchine tutte le innovazioni future diventando, di fatto, totalmente inutili. Forse liberi di goderci la vita? A giudicare da come le tecnologie sviluppate nelle ultime decine di anni non ci hanno assolutamente aiutato ad avere più tempo, ma solo a diventare più produttivi, è lecito pensare che il sistema economico e monetario attuale non permetterà comunque all’uomo di vivere una vita libera e serena. Alla fine, quindi, molte dicotomie devono essere indagate con una lente in grado di valutare il grado della libertà del singolo ed alla sua relativa capacità di fare economia nel modello sociale di riferimento. Inoltre, la ricerca di un’utopia spesso porta ad una serie di risultati piuttosto deludenti, come ampiamente dimostrato dalla storia.
I singolaristi in genere parlano degli esseri umani come computer costruiti sulle proteine e del cervello come una macchina di carne. Questo riduce la complessità e stranezza dell’esperienza umana ad un modello strumentale di stimolo e reazione. Tutto ciò in uno scenario in cui gli esseri umani potrebbero essere sostituiti da macchine più evolute, visto che il destino di tutte le tecnologie è di essere soppiantate da dispositivi più sofisticati. È un paradosso tecno-darwinista in cui, nel progettare la nostra evoluzione, creiamo le condizioni per la nostra obsolescenza. Il crittoanalista I. J. Good, delineava questo scenario già nel 1965.
Uno stesso transumanista e membro del MIRI, Nate Soares, ha dichiarato quanto segue.
“A differenza di altri rischi come il cambiamento climatico, questo rischio è molto sottovalutato. Migliaia di persone e miliardi di dollari convogliati nello sviluppo dell’intelligenza artificiale ma si occupano della relativa sicurezza in nove o dieci persone in tutto il mondo.”
Iniziative come quella del progetto Effective Altruism, investono tempo e risorse per dedicarsi a questi rischi. Milioni di dollari investiti anche da personalità come Elon Musk e Peter Thiel. Lavorare sul rischio esistenziale sarà sicuramente importante, ma è bizzarro il fatto che il Centre of Effective Altruism e il Future of Humanity Institute (che il rischio esistenziale contribuisce a crearlo) abbiano gli uffici nello stesso edificio, ad Oxford. Altrettanto illogico - o perfettamente logico - è che alcuni miliardari ritengano il rischio di annientamento della specie da parte di una macchina che ancora non esiste, prioritario rispetto a problemi come la disponibilità di acqua potabile nei paesi in via di sviluppo.
Ma come riporta Mark O’Connell, che a riguardo ha intervistato Viktoriya Krakovna, co-fondatrice del Future of Life Insitute (nella quale Elon Musk ha investito decine di milioni di dollari) è una questione di ritorno degli investimenti. Le preoccupazioni legate al rischio esistenziale valgono ampiamente la spesa che comportano, in caso di uno scenario futuro in cui si palesasse la necessità di salvare la razza umana.
Un aspetto che mi ha colpito è che la Future of Life Institute ha anche legami con Vitalik Buterin, fondatore di Ethereum. Insieme, hanno anche aperto delle borse di studio per far avanzare la ricerca nel campo del rischio esistenziale e dell’allungamento della vita. Buterin collabora anche con Aubrey De Grey, direttore di SENSE, una azienda della Silicon Valley che sviluppa soluzioni tecniche contro l’invecchiamento. Per De Grey, la vecchiaia è fondamentalmente una malattia da curare.
La retorica della classe dirigente geek della Silicon Valley è sempre emulsionata in una specie di idealismo contro culturale costante (cambiare il mondo, sovvertire il vecchio ordine ecc…) anche se le sue radici affondano nel terreno della guerra. Un esempio è Hewlett-Packard, prima grande azienda locale che era una ditta appaltatrice e Packard vicesegretario della Difesa sotto Nixon.
Gli scopi militari e la sorveglianza di massa
Innovazioni come queste si devono anche agli investimenti militari americani, soprattutto nel campo della robotica. O si devono ad ingegneri informatici che partecipano ad iniziative come la DARPA Robotics Challenge. La DARPA è una branca del Pentagono che si occupa dello sviluppo di nuove tecnologie in ambito militare. All’agenzia si devono anche tecnologie come quella del GPS.
Ma anche molte interfacce cervello-macchina, protesi cognitive, cognizione incrementata, sono tutte attività strettamente legate alle istituzioni sopra citate e finanziate dalla DARPA. Oggi, infatti, uno degli scopi dell’ente è quello di trascendere i limiti del corpo umano e, in particolare, quello dei soldati americani. Si tratta della stessa organizzazione che gestiva l’Information Awareness Office, che gestiva le operazioni di sorveglianza di massa con database per la raccolta di informazioni personali di ogni residente negli Stati Uniti, attingendo da Facebook, Apple, Microsoft e Google. Proprio il sistema smascherato da Edward Snowden.
Anche qualcuna di queste note aziende tecnologiche è coinvolta direttamente nello sviluppo di tecnologie simili. Google, ad esempio, ha fondato la startup Calico, la cui missione è, di nuovo, quella di combattere l’invecchiamento. Forse questa una delle ragioni che ha portato a Montain View quella che è diventata una famosa manifestazione transumanista del 2014. In quell’occasione, i manifestanti si sono fatti trovare fuori dal campus di Google con cartelli con delle scritte che recitavano “Google, per favore, risolvi il problema della morte.”
La fede
Studiando questi argomenti è impossibile non pensare alla fede e a quanto simile siano i suoi fondamenti rispetto ai movimenti transumanisti, comprese le venature capitalistiche e di controllo delle masse.
“Risolvi il problema della morte”. Una frase, una preghiera che suona tanto simile ad un “Liberaci dal male.” Senza contare il paradosso ontologico per cui la morte verrebbe vista come un mero problema tecnico da risolvere.
In una economia consumista e, nello stesso tempo, in cui un sistema sempre più tendente al modello socialista che ci ha già trasformato in macchine, i transumanisti non riescono ad accettare la mortalità umana. Il movimento transumanista, infatti, che filosoficamente ha molti punti di contatto con l’ideologia mistica del superuomo (ad esempio, quello sovietico), affronta le stesse contraddizioni e insoddisfazioni umane un tempo riservate alla fede, come una nuova espressione di slanci e frustrazioni primordiali. La volontà di fondersi in un nuovo corpo, visto come un corpo glorificato, che ci porta verso una nuova Gerusalemme.