[Racconto] - Le Signore degli Anelli
Tom è un attore che non ha ancora spiccato il volo, ma quando la politica entra nel set, ha l'opportunità di lanciare finalmente la sua carriera.
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Il gruppo di elfi si precipita contro di noi, guidato da Hugo che solleva in aria la sua sciabola dorata. Zolle di terra umida si sollevano al passaggio dei loro stivali d’acciaio. Calpestano la linea verde disegnata sul terreno e la oltrepassano. È il mio turno: devo guidare la controffensiva.
Imito l’andatura di uno zoppo come mi hanno detto di fare e mi scaglio contro l’esercito elfico. Alle mie spalle gli altri orchi rantolano e seguono i miei passi come se fossimo una nidiata di ratti.
Hugo è a pochi passi da me, si spolmona in un grido di battaglia. Stringo l’elsa della spada e la porto all’altezza del mio orecchio. L’armatura si fa più pesante sulle spalle. Lascio cadere il fendente sulla sua testa. Lui para il colpo e con la sua lama preme la mia verso il basso. Rotea la sciabola e la fa correre sul mio ventre. Gemo come un cinghiale e mi accascio a terra.
La mia faccia striscia sul suolo. Il forte odore di terriccio mi riempie le narici, ma non ne sento il viscidume sul viso, forse per i chili di trucco che coprono la mia vera pelle. Se la caduta ha rovinato le protesi domani dovrò farmi di nuovo trovare in sala trucco alle quattro del mattino.
Il lungo mantello bianco di Hugo striscia sui corpi delle comparse. Lui agita l’arma e spinge due orchi a terra.
Un paio di stivali scivolano davanti a me e un grumo di fango mi schizza negli occhi. Brucia! Ma devo rimanere immobile.
«Stop!» La voce di Mark amplificata dal megafono risuona nella radura. Sbatto le palpebre e mi asciugo con il dorso della mano gli occhi impastati di fango e lacrime. Sono tutti immobili, il tempo sembra essersi fermato.
«Sembra buona, ragazzi.» Mark è ancora dietro alla marcatura del set, guarda i due operatori di fianco a lui e alza il pollice grasso.
Il pugno destro stringe ancora l’elsa. Lo premo sul terreno insieme al palmo sinistro e mi sollevo. Rinfodero la spada e mi pulisco le mani orchesche sull’armatura a placche frastagliate.
Hugo viene verso di me. «Ti ho fatto male, Tom?» Mi dà una pacca sulla spalla.
«No Elrond, mio signore!» Sorrido. Il trucco mi tira gli zigomi.
Lui ride e si toglie la corona argentata dalla testa. La lunga parrucca castana si scompiglia. «Tu invece ci sei andato pesante. Volevi ammazzarmi per davvero?»
«Te l’avevo detto che in scena sarei stato meno delicato!»
Hugo rigira la sottile corona di Elrond tra le dita. «Almeno questa scena, forse, non dobbiamo girarla ottanta volte. Anche se ormai mi sono abituato a Mark.»
«Già, anche io.»
Mark è immobile, come paralizzato o come in una sorta di trance. Anche Hugo lo fissa. «Quando si comporta in questo modo vuol dire che sta per cambiare la scena in tutto e per tutto.»
Ha ragione. Mi tocco il viso. Le protesi sembrano a posto.
Mark si volta e raggiunge Cat. Indica il campo di battaglia col dito e le sussurra qualcosa, lei porge l’orecchio.
Sospiro. «Sei pronto a ricevere un’altra lordata in testa?»
Hugo accenna uno sguardo tra il torvo e il divertito. «E tu sei pronto a morire di nuovo?» Porta la mano all’elsa della sciabola.
Scoppio a ridere. Ancora non mi sembra vero di aver fatto amicizia con un attore importante come Hugo Reed. «A quando quel pranzo?»
«Pranzo? Con quello che hai fatto per me dovrei come minimo offrirti una dozzina di cene.» Hugo porta i pugni ai fianchi, coperti dall’armatura elfica. «Comunque ci sto, iniziamo col pranzo. Venerdì?»
«Non ho fatto niente di che!»
«Mi hai insegnato praticamente tutto su Tolkien e sul Signore degli Anelli. Hai dato vita al mio personaggio. Forse senza di te non mi avrebbero neanche confermato per il ruolo. Ti devo molto.»
Mi gratto la parte bassa del collo. L’armatura ha iniziato a darmi prurito.
«È stato davvero un piacere per me.»
«Se non ho capito male questo film sarà il primo di una trilogia, come i romanzi. Magari nei prossimi film otterrai qualche ruolo più importante!»
Quanto vorrei che accadesse per davvero.
Mark torna alla marcatura del set, la oltrepassa e viene verso di noi. Supera tutte le comparse fino ad arrivare alla fine del campo. Si volta e dà le spalle al green screen sullo sfondo della scena. Scruta tutti noi, con aria perplessa, e si sistema gli spessi occhiali sul naso storto.
Si schiarisce la voce: «È tutto da rifare.»
Nessuno sembra sorpreso. Un orco a pochi passi da me fa un sorriso nervoso e abbassa lo sguardo. I denti aguzzi e gialli risaltano sul volto nero e umido. Poche ciocche di capelli grigi gli cadono sulle spalle, incurvate dalle protesi. Santo cielo. Anche io sono così brutto in questo momento?
Hugo fa un passo verso il centro del campo. «Cosa possiamo migliorare, Mark?»
Mark mette le mani in avanti. «Tu sei stato grande, Hugo.»
Ruota le mani e rivolge i palmi verso l’alto. Posa lo sguardo su di me e sulle altre comparse. «Lo siete stati tutti.»
Congiunge le mani e se le porta al petto, copre la faccia dell’elfo femmina viola di World of Warcraft stampata sulla maglietta.
«Intendo che è proprio tutto da rifare, da ripensare. Ed è colpa mia.»
Tra i due eserciti si alza un brusio confuso. L’orco con i denti gialli mormora qualcosa e si gratta la tempia.
Cat raggiunge Mark, in suo soccorso. I tacchi delle scarpe bucano il terreno. Si asciuga le mani sudate sulla gonna del completo nero e inforca gli occhiali sulla capigliatura bionda raccolta.
«Abbiamo valutato che non stiamo seguendo alla lettera le indicazioni della Open Cinema, e neanche della Rainbow Production, della Borderline Pictures, OneWorld e delle altre tre case di produzione.»
Ha il fiatone.
Mark si passa una mano tra i capelli unti e si accarezza il codino. «Esatto. Ma vogliamo coinvolgere tutti voi in questo cambiamento.»
Con lo sguardo passa in rassegna tutti gli attori sul campo. «Guardatevi attorno e ditemi: non trovate nulla di profondamente sbagliato in questa scena?»
Hugo mi guarda e alza le spalle.
Il brusio tra elfi e orchi si fa più forte.
I primi sono regali, maestosi e luminosi nelle loro armature dorate. Gli orchi sono spaventosi, viscidi e dallo sguardo corrotto. Non vedo errori nella messa in scena dei personaggi e dei loro costumi. Il campo di battaglia ha una pendenza irregolare, è fangoso e puzza di muffa. I pochi ciuffi di erba gialla sono soffocati da rocce scure e affilate. I fumi che provengono dalle torce accese ai bordi del campo creano una patina oscura sul cielo. Sembra davvero di essere a Mordor. Il greenscreen che mostrerà le eruzioni del Monte Fato e gli altri effetti speciali faranno il resto. Nonostante la scarsa conoscenza di Tolkien da parte del regista, il film sta riuscendo piuttosto bene.
«Niente? Non notate niente?» Mark si passa la lingua sulle labbra. «Quante donne vedete in questa scena?»
Tra le persone che conosco presenti sul campo, in effetti, non ci sono donne. A meno che una di loro non sia nascosta sotto un elmo elfico o sotto delle protesi facciali da orco o da goblin, non ci sono donne in queste riprese.
«Dal silenzio deduco siate arrivati alla mia stessa conclusione.» Mark si infila le mani nei tasconi delle bermuda. «E quante etnie stiamo rappresentando in questa scena?»
Hugo fa un passo in avanti. «Mark, ritengo che tra gli attori ci sia una buona differenziazione etnica. Anche in questa scena.»
«Anche tra i tuoi colleghi elfi?»
Hugo rimane interdetto per qualche secondo e si guarda intorno. «Non lo so… No, penso di no.» Si gira verso di me. Forse si ricorda della lezione che gli ho fatto sugli elfi e sulla descrizione della loro pelle bianca e luminosa.
Mark lancia un’occhiata a Cat. «È chiaro quindi che dobbiamo riaprire i casting per trovare nuove comparse.»
Fa un sospiro. «Niente donne, bassa diversità etnica… almeno ci sono omosessuali sul set?»
Qualcuno ride. Hugo mi guarda e sgrana gli occhi. Oltre la marcatura del set i cameramen commentano qualcosa.
«Nessuno?»
Guarda di nuovo Cat, che fa le spallucce. Si gira verso il team tecnico, poi torna con lo sguardo a noi.
«Questo non va be—»
Alzo il braccio. «Io sono gay.»
Hugo mi tocca la spalla. «Tom…»
Gli occhi di Mark si illuminano. «Bene! Pare che almeno l’esercito di Sauron rispecchi la diversità del mondo reale. Mancano solo le quote rosa.»
Viene verso di me con la braccia aperte. «Ora però dobbiamo rivalutare i messaggi che lanceremo con questo film, altrimenti avremo i media addosso e il botteghino piangerà.»
Mi abbraccia. L’odore di sudore mi fa girare la tesa. «Immagino tu sia d’accordo, no?»
Annuisco.
Cat ci raggiunge. «Stavamo pensando di implementare un nuovo comitato creativo proprio a questo scopo. Potresti candidarti, saresti la persona perfetta.»
Fa correre lo sguardo su Hugo e sulle altre comparse. «Chiunque può candidarsi, ovviamente.» Si gratta il mento. «Potete venire a parlarne direttamente con me o con Mark.»
Si rivolge a Mark. «Mark, parlavi delle quote rose nell’esercito di Sauron.»
«Sì. Come dicevo inizieremo nuove attività di casting per nuove comparse. Nel frattempo dobbiamo trovare qualche escamotage per non interrompere le riprese.»
Hugo si schiarisce la voce. «Tipo?»
«Rifacciamo la scena e rendiamo alcuni orchi più femminili. Abbiamo parrucche a volontà e i nostri truccatori lavorano molto bene e velocemente.»
Mi dà un colpo sul braccio. «Tu! Che ne dici?»
«Io? Mi devo travestire da orco femmina?»
«Sì! È un problema?»
«Chiedi a me di travestirmi da donna perché sono gay?»
Mark sbatte gli occhi. «Lo chiedo a te perché come regista ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a trovare nuove prospettive. È un’opportunità.»
*
L’ufficio di Mark puzza di fumo. Il posacenere sulla scrivania è colmo di mozziconi di sigarette. Un paio sono caduti a terra, sulla moquette.
«Perché rimani lì impalato, vieni a vedere la scena!» Si dondola sulla seggiola di plastica che per miracolo regge il suo peso e clicca con il mouse come un forsennato. Alle sue spalle, il poster di un personaggio vestito di bianco riempie la parete. Tiene in mano un bastone magico. Saruman il Bianco?
Vado dall’altra parte della scrivania e mi chino accanto a lui. Sul computer ha già aperto il file della scena della battaglia dell’Ultima Alleanza contro Sauron, a Mordor. Clicca su Play.
È già stata completata con gli effetti speciali. La squadra dei quaranta orchi si è trasformata in un esercito da decine di migliaia di unità. Hugo, nei panni di Elrond, guida un esercito enorme di elfi, affiancato da uno altrettanto grande di uomini. Il campo di battaglia non è più una prateria fangosa ma una valle grigia e infernale sormontata dagli zampilli di lava del Monte Fato.
Sotto le luci dei riflettori e delle modifiche grafiche gli orchi sembrano ancora più terrificanti. Tutti gli orchi, tranne me. La parrucca bionda sulla mia testa risalta tra le file dell’esercito oscuro. La scena passa al primo piano sul re degli elfi, Elrond, che dà l’ordine ai suoi di scagliare un nugolo di frecce e di passare all’attacco ravvicinato. I due eserciti si scontrano con violenza. L’orchessa bionda attacca Elrond che si difende con una parata. È più goffa di tutti gli altri orchi, i movimenti sono limitati dalla lunga tunica viola sotto l’armatura. Il rossetto scarlatto risalta il colore verdognolo della pelle. Sembra una barbie indemoniata e armata scappata da un centro di recupero durante la notte di Halloween. Sono io.
È come guardare l’anima di una pop star caduta in disgrazia.
Elrond strattona l’orchessa e la abbatte con un fendente.
Mark mette in pausa il video. «Bella, eh?»
«Che cosa?»
«La scena!»
«Ah sì, la scena è molto bella.»
Mark poggia la schiena sulla seggiola di plastica, non curante degli scricchiolii. «Abbiamo fatto bene a girarla di nuovo, è migliorata, più credibile. Senza contare l’efficacia dell’adeguatamento del tuo costume.»
Torno dall’altro lato della scrivania. Sono nauseato da quello che ho appena visto. «Il mio personaggio… non risalta un po’ troppo?»
«Quello era l’obiettivo. Dobbiamo ben mostrare la diversity nell’esercito di Sauron.»
«Ma sembro una drag queen incazzata.»
Mark scoppia a ridere. «I gay adorano le drag queen. Tu no?»
«No.» Il sangue mi sale al cervello.
«Ascolta, le case di produzione vogliono che siamo aperti a un nuovo tipo di mondo.» Rotea sulla seggiola e apre il cassetto sotto la scrivania. Prende un foglio di giornale ingiallito e lo sbatte sul tavolo. «Senti qui.»
Si sistema gli occhiali sul naso. «Nel mondo di Tolkien la distribuzione di genere è uniformemente distorta all’interno di ciascuna razza. Spiccano in particolare l’en-plein di maschi nel mondo degli orchi e in quello dei nani, ma i più virtuosi, gli hobbit, si fermano solo a un trenta per cento scarso di quote rosa. Insomma, è una sagra della salsiccia bella e buona. Non c’è da sorprendersi se la Compagnia dell’Anello non arruoli tra le sue file alcuna signora.»
Si abbassa gli occhiali e mi fissa.
Mi sporgo per vedere meglio il pezzo di carta. «Ma che diavolo è?»
«Uno studio dell’Hollywood Journal.»
«Hanno sul serio analizzato le quote rose nei romanzi di Tolkien?»
Mark ripone il foglio di giornale nel cassetto e si alza. «Sì. E anche una stima sulle coppie omosessuali basata sulla percentuale dei non coniugati. Capisci perché le drag queen non sono una brutta idea? La gente odia l’approccio tradizionalista di Tolkien.»
Fin da bambino Tolkien ha accompagnato la mia immaginazione. E ora viene associato alle drag queen.
«Ma allora perché stiamo facendo un film su un’opera di Tolkien se non vogliamo rappresentare il suo pensiero?»
Mark sbuffa. «Perché gli elfi piacciono. E poi Il Signore degli Anelli è un’opera perfetta per un franchise.»
«Ma non possiamo stravolgere il suo lavoro! Che cosa penserebbero i fan storici di Tolkien?»
Apre di nuovo il cassetto e tira fuori un’agenda. Sfoglia le prime pagine e inarca le sopracciglia. «Sia la critica letteraria che i forum online li definiscono fascisti.»
Stringo i pugni. Non posso credere di essere qui ed avere un ruolo nel rovinare il pensiero di uno dei più grandi narratori che il mondo abbia mai conosciuto.
Mark chiude l’agenda. «Ad ogni modo, comprendo il tuo punto di vista. È per questo che ti ho fatto chiamare.»
«Non solo sei gay, sei anche un grande esperto di Tolkien, da quanto dice Hugo. Non scherzavo l’altro giorno: se lo vuoi, il nuovo ruolo da direttore creativo è tuo.»
Non so come devo prendere queste sue esternazioni.
«Non lo so, Mark. Ci devo pensare.»
«È la scelta migliore che puoi fare. Ti si sta aprendo davanti ai piedi un percorso di carriera luminoso. Cosa ti ferma, l’approccio multicolore delle case di produzione?»
Non vuole proprio mollare l’osso. «Multicolore? Come Saruman?»
Mark mi guarda interrogativo.
Indico il poster di Saruman. «Tolkien descrive Saruman come una creatura multicolore. Un uomo le cui vesti apparentemente candide riflettono la luce e assumono i colori dell’arcobaleno.»
Mark sorride soddisfatto. «Ecco perché ti voglio al mio fianco!»
«Lascia che ci pensi.» Mi avvio verso la porta del prefabbricato, la spalanco ed esco. L’aria umida mi penetra nelle ossa. La nebbia si è abbassata ancora di più e le tende sono a malapena visibili. Mi avvio verso la mia. Questa sarà già la nona serata passata su questa prateria deserta. È un onore essere qui, ma una parte di me non vede l’ora che questo ciclo di riprese esterne finisca. Ho voglia di tornare agli Studios, vicino a casa.
Passo vicino ai camper delle celebrità, ne oltrepasso uno. Mi trovo il faccione di un tizio davanti e per un pelo non ci sbatto il naso contro.
«Guarda dove vai, coglione.»
Mi volto a guardarlo. Lui alza il dito medio. Deficiente.
Affianco il capannone comune. Potrei entrare, prendere un caffè caldo e scambiare quattro chiacchere con qualcuno, ma ho bisogno di restare solo un attimo. Per pensare.
La mia tenda è vicina. Una persona è seduta sul mio sgabello all’esterno. Ah, è Hugo! Si sarà ricordato del pranzo? Un’altra persona con un cappellino in testa cammina a cerchio, attorno a Hugo. La nebbia non mi aiuta a riconoscerlo. Forse Hugo ha deciso di invitare qualcuno all’ultimo. Mi avvicino.
Dio mio ma quello… è Ian Smith! Ian Smith davanti alla mia tenda con Hugo Reed. A casa non ci crederà nessuno quando lo racconterò.
«Tom, finalmente rivedo i tuoi capelli biondi dopo tanto tempo.» Hugo posa un bicchiere di plastica sul tavolino e si alza in piedi. «Intendo i tuoi veri capelli biondi. Non quella parrucca da puttana che ti hanno fatto mettere.» Prende un altro bicchiere dall’angolo del tavolino e me lo porge. Scotta. Il profumo fragrante mi riscalda. Il caffè del bar della produzione è davvero buono, nonostante il fatto che siamo in mezzo al nulla.
«Grazie.»
«Figurati. Conosci Ian?»
Ian Smith viene verso di me con un sorriso e mi porge la mano. Gliela stringo.
«No… insomma sì, ma ecco… non ci siamo presentati.» Stringo la sua mano ancora più forte, come se farlo mi aiutasse a non arrossire. «Mi chiamo Tom, piacere.»
I suoi occhi azzurri non sono freddi, bensì rassicuranti, gli occhi di un vecchio che ha tante storie da raccontare. Una scelta perfetta per il personaggio di Gandalf.
Ian sorride, si sarà accorto del mio imbarazzo. «Scusa per questa imboscata davanti alla tua tenda. Hugo mi ha parlato tanto di te e ci tenevo a conoscerti.»
Mi viene da sorridere come un idiota. Bevo un sorso di caffè per nascondere la mia espressione.
Hugo prende di nuovo posto sul seggiolino. «Non giriamoci attorno, Ian.» Mi fa cenno di sedermi. Lo assecondo.
«Siamo tutti preoccupati per la piega che sta prendendo questo film.»
Bevo un altro sorso e poggio il caffè sul tavolo. «Ah sì? Cioè?»
Hugo sbuffa. «Oh avanti Tom, non prendermi per il culo. E non prendere per il culo neanche te stesso.»
«Ti riferisci alle scelte poco convenzionali di Mark?»
«Tu che dici? Ti ha fatto vestire da donna, Cristo santo.»
Ian prende uno sgabello da dentro la tenda e si siede tra noi. «Calmati, Hugo.» Si toglie il cappellino nero dalla testa e rivela i suoi folti capelli grigi. «Capisco le scelte di Mark. Stare dietro alle innumerevoli richieste delle case di produzione non è facile. Una volta produrre un film era molto più facile, nonostante non avessimo le tecnologie di oggi.» Abbassa lo sguardo. «Ogni cosa è più complicata, più confusa. E in questo caos per noi comuni mortali fare delle scelte rappresenta sempre di più una sfida.»
Beve un sorso del suo caffè. «Tuttavia, Mark sta rischiando grosso, e noi tutti con lui. Questo film rischia di diventare una pagliacciata. E qui, Tom, ci sono dei professionisti che hanno paura ad essere associati ad una pagliacciata del genere, lo capisci?»
Ian sembra una persona decisa, ma che infonde serenità, come quasi tutti i ruoli dei personaggi che interpreta.
Hugo si passa una mano tra i capelli castani. «Sai che vogliono cambiare la distribuzione delle popolazioni all’interno della mappa della Terra di Mezzo?»
Questa sì che è una follia. «E perché mai?»
«Dicono che bisogna svecchiare l’esogenismo di Tolkien. Non va bene che i nemici della storia siano le popolazioni che abitano l’est e il sud del mondo. Una visione da suprematisti bianchi, dicono, con razze di serie A e razze di serie B, in cima alla quale domina quella degli elfi biondi.»
Tolkien, ti prego, perdonali. «Ma sta gente ha mai davvero letto il libro? Queste popolazioni si sono vendute al male in virtù delle pretese politiche dei cosiddetti popoli liberi. La faccenda è molto più complessa di così!»
«Parlano anche di antisemitismo.»
Vorrei sbattere la testa contro il tavolo. «Certo, dopo tutto Tolkien ha solamente scritto un intero ciclo di romanzi dedicato agli ebrei, si chiama Lo Hobbit.»
A volte mi viene da pensare che se tenessi alla mia carriera così come tengo a Tolkien non avrei problemi di soldi.
«Capisco la preoccupazione. Ma perché ne state parlando con me?»
Hugo fa un lungo respiro. «Stiamo istituendo delle riunioni riservate per… boicottare il film.»
«Che cosa?»
Ian picchietta il tavolo con le dita. «Alcuni di noi non vogliono più fare parte di questo progetto. Ma non possiamo semplicemente lasciare Mark con un cerino in mano a causa delle clausole nei nostri contratti.»
Hugo porta i gomiti sul tavolo e incrocia le mani. «Ma se raccogliamo un numero sufficiente di persone che si oppongono alle nuove modalità di lavoro di Mark, forse abbiamo la possibilità di non dover cedere a tutte le sue trovate commerciali.»
Mi alzo e mi allontano dalla tettoia della tenda. I capelli si appesantiscono sotto delle gocce d’acqua. Il cielo plumbeo è diventato più minaccioso. Tiro sulla testa il cappuccio della giacca impermeabile. Le altre comparse allungano le tettoie estraibili o rientrano nelle tende.
Non era certo questa la situazione in cui immaginavo di trovarmi quando ho saputo che sarei diventato una comparsa di questo film. Non era questa la prova a cui pensavo di essere sottoposto. Mi sembra quasi di sentire la pesantezza degli sguardi di Hugo e Ian alle mie spalle.
«E pensate che una persona con un ruolo minore come il mio, in mezzo a voi giganti, possa fare qualche tipo di differenza?»
«Anche la persona più piccola può cambiare il corso del futuro.»
Mi volto. Hugo mi sorride, fiero. Faccio un passo verso di lui. «Bella citazione. Hai iniziato a leggere il libro?»
Lui annuisce.
«Però è una frase di Galadriel, la Dama dei Boschi, non di Elrond.»
Annuisce ancora. «E io non ho bisogno di travestirmi da donna per farla mia.»
Ian sorride. «Abbiamo bisogno di te come di qualsiasi altra persona di buon senso. Ma la tua conoscenza di Tolkien, può aiutarci a portare dalla nostra più persone.»
Hugo si alza e viene verso di me. «E anche la tua esperienza umiliante può venirci utile.»
Non capisco se sono loro ad essere esagerati o se a me sfugge qualcosa. «Il fatto che tu lo ribadisca è la vera umiliazione, Hugo.»
Lui incrocia le braccia. «Mi dici che hai da perdere? Un ruolo da orco che non ricorderà nessuno?»
«È un’opportunità per me. Proprio per uscire da questi ruoli che non ricorderà nessuno!»
Hugo mi prende per le spalle. «Non farti fregare, Tom! Le belle parole di Mark dureranno fino a quando farai quello che dice lui.»
«Lasciami stare, Hugo.»
Lui tira un calcio allo sgabello che inizia a rotolare sull’erba. «Vai al diavolo, Tom. E divertiti a fare la checca per fare carriera.» Prende il suo caffè e schizza fuori dalla tettoia.
«Vaffanculo!»
È già lontano.
Torno a sedermi. Le mani tremano. Sento che potrei davvero ammazzare qualcuno. Che bastardo. E omofobo. Mi metto le mani davanti alla faccia. Cerco di sforzarmi per non iniziare a strapparmi i capelli.
Una mano mi tocca il braccio. Ian mi guarda con occhi tristi. «Perdona Hugo. È solo agitato.» Mi stringe il braccio e mi guarda con affetto. «Come stai?»
Mi viene quasi da piangere dalla rabbia. «Vorrei che tutto ciò non fosse mai successo. Vorrei non aver ottenuto questo ruolo di merda per il film e vorrei non dovermi trovare in questa situazione.» Sospiro. «In effetti, vorrei che molte cose fossero diverse.»
I suoi occhi diventano dolci, ma la sua presa sul mio braccio si fa più salda. «Vale per tutti quelli che vivono in tempi come questi, ma non spetta a loro decidere. Possiamo soltanto decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso.»
Sorrido. Anche lui se la cava bene con le citazioni. «Ian, ci devo pensare, perché non avrò altre occasioni del genere, nella mia carriera.»
«Dici?»
«Sì. Potrò entrare nel mondo della sceneggiatura, e potrò farlo facendo ciò che davvero amo, parlando e scrivendo di Tolkien.»
Il volto di Ian s’imbroncia. «Ma loro vogliono distruggere Tolkien. Non ci può essere compromesso.»
«Mark mi vuole assumere perché so di cosa parlo. Ho l’opportunità di salvare questa produzione e di salvare anche il nome di Tolkien.»
Ian inarca le sopracciglia. «E di soddisfare i tuoi interessi personali.»
«Sì e per una volta non ci vedo nulla di male. I miei interessi personali possono salvare il film e la memoria di un grande autore.»
Ian si alza con un gemito, porta una mano sulla schiena. Fissa le tende blu delle altre comparse e si infila il cappellino di cotone.
«Sono un vecchio e qualcosa dalla vita l’ho imparato.» Ruota il capo e mi guarda con la coda dell’occhio. «Fa attenzione a desiderare il potere, anche e soprattutto se il tuo desiderio è usarlo per fare del bene. Dovresti saperlo meglio di tutti.»
Torna con lo sguardo alle tende. Fa un profondo sospiro e se ne va.
*
Il contratto è più generoso di quello che pensavo. Questa sì che è una svolta. Prendo una delle biro sulla scrivania di Mark e firmo.
Mark si massaggia il codino nero con un’espressione compiaciuta. «Benvenuto a bordo, caro.»
«Grazie. Hai ricevuto i miei appunti, ieri sera?»
Lui batte un pugno sul tavolo. «Sì, cazzo.» Fiocchi bianchi si sollevano dal posacenere e iniziano a fluttuare in aria. Alcuni si posano sulle mie spalle come se avessi una forfora incontrollata.
«Ancora prima di firmare il contratto ti eri già messo all’opera. Questa cosa ieri mi ha fatto godere parecchio.»
Mi spolvero le spalle. La cenere disegna delle strisce bianche sulla maglia nera. «E che ne pensi?»
«Beh, mica ho letto tutte le cinquantanove pagine che mi hai mandato.»
Porta la mano sul mouse e fa un click. Le lenti dei suoi occhiali si colorano di un riflesso blu. «La prima parte è un tuo studio sulla multiculturalità della Terra di Mezzo.»
«Esatto.»
«Mi è piaciuta la prospettiva del Signore degli Anelli come romanzo inclusivo, con le diverse razze del mondo che si alleano per combattere l’oscurità.»
Forse sto per ottenere il mio primo successo con Mark. «Sì, il punto è che Tolkien definiva la Terra di Mezzo come la nostra stessa terra, su un altro piano di immaginazione.»
Mark mi guarda interrogativo. «Ok… Continua.»
«Il nostro mondo possiede già naturalmente tutte le diversità culturali che possiamo immaginare, e così anche la Terra di Mezzo.»
Batte l’indice contro l’aria. «Mi servono delle prospettive e scene concrete, Tom.»
«L’amicizia tra l’elfo Legolas e il nano Gimli è uno degli esempi più comuni.»
Mark si porta il dito sul mento. «Ho letto solo un pezzo del libro. Mi pare che quei due si odino.»
«Sì, all’inizio è così. Ma poi diventano grandi amici, tanto che alla fine della storia solcheranno insieme i mari per Valinor, la terra immortale degli elfi. È una cosa incredibile che gli elfi accettino di ospitare un nano in quei territori.»
«Dobbiamo assicurarci che questi aspetti vengano valorizzati nel film.»
Annuisco. «Senz’altro, Mark.»
«Altri spunti interessanti?»
«Brea: la città di confine tra il regno degli uomini e la Contea degli hobbit. Brea amalgama entrambe le razze, che convivono insieme in modo pacifico.»
Mark scorre la rotella del mouse per leggere alla svelta i miei appunti. «Ok, mi hai convinto, per adesso accantoniamo l’idea di distribuire le diverse razze in giro per il mondo.»
Se continuo così, forse riesco a fare in modo che la produzione del film si mantenga più fedele possibile a Tolkien e al buon senso. E Hugo e Ian si ricrederanno sul loro piano di boicottaggio.
Mark preme un tasto sulla tastiera e il riflesso blu sui suoi occhiali svanisce. «Ora vieni, ti faccio vedere il set della scena su cui stiamo lavorando in questi giorni.»
Prendo la giacca appesa allo schienale della sedia e seguo Mark fuori dal fabbricato. L’aria fresca mi riempie i polmoni. Mi infilo la giacca. La annuso, puzza di fumo. Percorriamo il vialetto che conduce al parcheggio. Adoro passare di qui. I rami alti degli alberi sui due lati del sentiero si intrecciano e creano un tetto di foglie, una verde coperta protettiva da cui filtrano pochi raggi del sole autunnale.
Davanti a me il codino di Mark penzola e svolazza sul vento. Un paio di persone escono a piedi dal parcheggio e vengono verso di noi. Uno di loro è Lucas, l’ex collega orco, quasi non lo riconoscevo vestito con jeans e impermeabile, come una persona normale. Gli faccio un cenno di saluto. Lui mi guarda stranito e continua a parlare con l’altro ragazzo. Forse neanche lui mi ha riconosciuto.
Arriviamo al parcheggio, il tetto di foglie fa spazio al cielo pallido. Mark tira fuori la chiave della macchina dalla tasca delle bermuda. I fari di una Honda Accord nera e impolverata iniziano a lampeggiare. Salgo sul sedile del passeggero. Nell’ufficio di Mark si respira la puzza di fumo di sigaretta, ma nella sua auto l’odore è tale che non si respira affatto.
«Posso aprire il finestrino?»
Mark avvia il motore, mette in prima e parte. «Hai caldo? Comunque sì, certo.»
Oltrepassiamo il viale di alberi e svoltiamo a destra. La campagna si apre davanti a noi, tagliata nel mezzo dall’asfalto bucherellato. Attraversiamo lo stradone e sulla sinistra compare un edificio di cemento con ampi finestroni. Vicino all’ingresso ci saranno almeno una decina di prefabbricati come l’ufficio di Mark e gruppi di persone sedute sul prato o in piedi impegnate a conversare o a leggere parole su pezzi di carta.
Mark parcheggia proprio di fronte all’entrata. Scendiamo dall’auto e ci avviamo verso l’ingresso. A un paio di metri dalla porta c’è Lily Jackson, concentrata sui fogli che tiene in mano. Forse sta memorizzando le sue battute. Se l’attrice che interpreta l’elfa Arwen è qui, è probabile che nei paraggi ci sia anche l’attore che interpreta suo padre. Mi guardo attorno, ma non vedo traccia di Hugo.
«Fammi indovinare. È il set per le scene di Gran Burrone.»
Mark mi guarda con la coda e dell’occhio e sorride. «Non ti sfugge niente!»
Porta la mano sulla maniglia della porta d’ingresso e guarda Lily. Fa un fischio.
«Ciao, cara.»
Lei alza lo sguardo, mette a fuoco e fa un sorriso tirato. «Buongiorno, Mark.»
«Conosci Tom, il nostro nuovo direttore creativo?»
Lei torna con gli occhi sul copione. «Sì, ne ho sentito parlare.»
Che stronza.
Mark apre la porta ed entriamo dentro lo studio cinematografico. «Non te la prendere, sono celebrità, è la tensione prima della performance.»
Lo spazio all’interno è enorme. Il soffitto sarà alto almeno venti metri e i fari attaccati alle travi di metallo illuminano l’intero spazio. Verso il centro della sala il pavimento di battuto di cemento è coperto da terra, erba e piastrelle di pietra che disegnano una stradina che conduce a una scalinata affusolata di un materiale che ricorda la pietra. Oltre la scalinata si apre una stanza senza tetto e con solo due pareti bucate da finestre dallo stile gotico. Deve essere un pezzo del palazzo di re Elrond.
Sotto la scalinata due scenografi sistemano foglie secche sul terreno e forniscono indicazioni agli arredatori al piano superiore. Nel fuoriscena Liam e un altro dialect coach pronunciano parole senza senso e un attore travestito da elfo li guarda e le ripete, distratto da un costumista che gli sistema la cintura di pelle.
Mark risponde a cenni di saluto a destra e a sinistra.
«Allora, che te ne pare?»
«È davvero una figata. È come ho sempre immaginato le terre elfiche.»
Lui si sfrega le mani. «Mi fa piacere. D’ora in poi comunque sarai consultato per la costruzione di queste scenografie.»
«Volentieri.»
Lily passa davanti a noi ancora con il copione in mano e si precipita a parlare con il costumista. Lui le fa ondeggiare davanti agli occhi un vestito azzurro con inserti argentati.
«Sarà lei la protagonista della prossima scena?»
Mark è fisso su Lily. Se la mangia con gli occhi. «Sì, la struttura in alto verrà usata per una scena in cui Arwen parla col padre. Nella parte inferiore della scalinata invece gireremo una scena con lei e Aragorn.»
Deve trattarsi della scena in cui i due si dichiarano il loro amore.
Mark prende due seggiole e le piazza davanti al set. Si appollaia e mi indica di fare altrettanto. Mi siedo. Lui si avvicina al mio orecchio.
«Questa è una di quelle parti della storia da rivedere.»
Mi ritiro per guardarlo negli occhi. «Cosa intendi?»
«La storia di Aragorn e Arwen. È così banale, uno stereotipo di amore così… vecchio. La versione conservatrice e fiabesca di Romeo e Giulietta.»
Mi sforzo di entrare nella sua testa, ma mi riesce impossibile. «Mark, temo di non capire.»
«Vogliamo che Arwen sia una donna più forte e indipendente rispetto a come la dipingeva Tolkien. Non la vogliamo come una donna sottomessa che attende il ritorno del suo uomo dalla guerra. Uomo per cui rinuncia a tutto, compresa la sua immortalità elfica.»
Ci risiamo, maledizione. «Questo non è esattamente un segno di forza di questo personaggio?»
«Che cosa?»
«Arwen combatte la sua battaglia. Combatte contro la sua stessa cultura, si oppone a suo padre, rinuncia alla possibilità di una vita eterna passata in un luogo di pace pur di avere la possibilità di amare Aragorn.»
Mark scruta il vuoto. Non sembra, ma so che ho la sua attenzione. «Sarà lei che permetterà ad Aragorn di riforgiare la spada della sua stirpe, la spada del re. E poi in questa storia d’amore ci sono anche due individui di razze diverse che si sposano. Dovrebbe piacerti.»
Si porta le dita alle tempie e diventa paonazzo. Pare che il cervello gli stia per scoppiare. «Va bene, va bene. Ma dobbiamo darle più battute. E valorizzeremo meglio altre donne della storia.»
«So perché dici così, Mark. Ma ti chiedo di non cambiare le storie di questi personaggi.»
«Le case di produzione ci chiedo—»
«I personaggi femminili sono pochi, è vero, ma hanno un’importanza fondamentale. Nella storia tutti i protagonisti maschili che hanno come caratteristica quella di non interfacciarsi con personaggi femminili finiscono molto male.»
Mark sbuffa esasperato. «Ok, ma il mondo di og—»
«Mi rendo conto dell’importanza di affrontare certi temi, Mark. Ma ti chiedo: pensi sia utile farlo attraverso Tolkien?»
La mia tasca vibra. Tiro fuori il telefono e apro la notifica del calendario.
«Mark, hai pianificato per me un’intervista tra un’ora per caso?»
Lui si porta la mano alla fronte. «Oh, sì! Mi sono dimenticato di parlartene. L’Hollywood Journal vorrebbe parlare col nuovo direttore creativo del film.»
«Ma non mi sono preparato per niente!»
Mark si alza. «Stai sereno. Niente spoiler, ma cerca di stimolare la curiosità. E niente commenti che potrebbero farti sembrare un fascista. Non devi sapere altro.» Indica il centro del set. «Vado a dire una cosa al volo a Lily e poi ti riaccompagno in ufficio.»
Seguo Mark che si precipita verso Lily. Ci vede arrivare e commenta qualcosa sottovoce al costumista davanti a lei. Lui china il capo verso Lily.
«Chi? Il ricchione?»
Gli do un colpetto sulla spalla. Lui si gira, con il vestito di Arwen ancora in braccio. Sgrana gli occhi e la sua pelle passa da un pallore cadaverico a un rosso bordò.
«È un po’ arrogante come insulto, da parte di uno che per vivere cuce i vestiti per le principesse.»
Gli occhi gli cadono sul vestito azzurro. «Pensi di essere divertente?»
«No, e tu pensi di esserlo?»
Lui alza il braccio e sventola la mano in aria. «Non sono mica io che ho voluto condividere con il mondo cosa mi piace fare nel letto.»
Mark si infila in mezzo a noi. «Ok ragazzi, calmatevi.»
Punta il dito contro il costumista. «Eric, questi commenti non sono ammessi. Non per il tipo di progetto che stiamo provando a realizzare qui. Sono molto deluso.»
Abbassa il dito e mi guarda. «Tu. Ancora convinto che il lavoro che sto facendo con le case di produzione sia inutile?» Prende le chiavi dell’auto dalla tasca e me le porge. «Aspettami in macchina. Ti raggiungo subito.»
*
Il mio ufficio è identico a quello di Mark: uno shelter dalle pareti bianche con un armadietto e una scrivania. Però non puzza di fumo. Apro il laptop nuovo di zecca e mi collego alla chiamata. Attivo microfono e webcam. Ho delle occhiaie che fanno paura e non penso che questa notte dormirò molto di più rispetto a ieri. Se non riesco a raccogliere sufficiente materiale per convincere Mark a non creare un film di merda, prima o poi le minacce di Hugo e Ian si realizzeranno. Il film morirà e io tornerò a essere un signor nessuno, alla caccia di ruoli minori in produzioni scadenti.
Tuttavia non riesco a togliermi dalla testa ciò che è successo prima allo studio cinematografico con quel tipo, Eric. Non mi era mai successo di essere insultato in quel modo. Ho sempre tenuto i miei fatti personali per me, e per una volta che mi sono aperto al mondo, sono stato trattato in modo diverso. L’altro giorno mi sono preso una spallata e un insulto da quello sconosciuto fuori dall’area dei camper. Ora che ci penso anche l’atteggiamento di Hugo è cambiato a partire da quel momento e quando ho conosciuto Ian ho avuto la sensazione che mi guardasse in modo molto strano, sospettoso. Dalle altre comparse avevo sentito dire che Lily Jackson era una persona adorabile. Con me invece è stata una stronza di prima categoria.
Sospiro.
Lo schermo si anima e compare una bella ragazza dalla pelle ambrata.
«Buongiorno, Tom!»
Mi infilo gli auricolari. «Buongiorno… Sam, giusto?»
Lei annuisce. «Esatto, piacere di conoscerti. E grazie, a nome di tutto l’Hollywood Journal, per aver accettato di essere qui.»
Ha fatto tutto Mark, senza neanche dirmi niente. «È un onore!»
Ti prego, fai che non farò figure di merda.
Lei si sistema il microfono sulla camicetta verde. «Se mi senti bene, possiamo iniziare. E non preoccuparti, Mark ci ha detto che sei molto impegnato, vogliamo giusto farti un paio di domande generali.»
«Ottimo! Iniziamo pure.» Mi è capitato di finire su piccoli e grandi schermi, di conoscere le migliori celebrità, ma non mi sono mai sentito così agitato.
Lei sorride e legge qualcosa sulla sua scrivania.
«Allora Tom, qual è l’aspetto più entusiasmante di essere il nuovo direttore creativo di questa produzione?» Ha stravolto il tono della sua voce, che è diventata fredda e formale.
«Beh… Ci sono tanti motivi per essere entusiasti. Ad esempio, con gli altri team creativi inizieremo presto a studiare le più importanti battaglie della storia per rendere ogni battaglia del film diversa dall’altra. È un apprendimento continuo.»
Lei ha un’espressione divertita. «Ah! Ci saranno molte battaglie?»
«Certo! Ma in tutto ciò che facciamo, ovviamente, ci affidiamo alla guida dell’autore Tolkien.»
Annuisce poco convinta. «Capisco. Abbiamo sentito che volete offrire al pubblico un approccio più moderno, è corretto? Cat Weber, recentemente diventata produttore esecutivo, ha definito tutto ciò come un progetto tolkeniano che riflettesse l’aspetto reale del mondo.»
Ma perché mi trovo sempre in questa situazione?
«Io… sì, è vero. Dopo tutto i romanzi di Tolkien sono esattamente questo, una rappresentazione del nostro mondo. Lui parlava di piano primario e piano secondario dell’esistenza. Ecco, il Signore degli Anelli è il nostro piano secondario, non meno reale di quello primario.»
Sam sbatte le palpebre, come in attesa che io dica qualcos’altro.
Mi schiarisco la voce. «Non so se mi sono spiegato bene.»
«Sì Tom, è molto interessante, grazie. Ritorniamo a Cat Weber: in una precedente intervista, sempre con l’Hollywood Journal, la produttrice ha detto che Tolkien parla di come le razze diano il proprio meglio quando lasciano l’isolamento della loro cultura e si uniscono.»
«Sì, in un certo senso è vero.»
L’espressione di Sam torna a essere appagata. «Cat Weber ha poi lanciato una bellissima provocazione. Ha detto: ovviamente ci saranno delle ripercussioni ma la domanda è, di chi? Chi sono queste persone che si sentono così minacciate o disgustate dall’idea che un elfo sia nero, latino o asiatico?»
«Non capisco. È una intervista a me o è una seconda intervista a Cat? Vuoi che vada a chiamarla?»
Prego perché salti tutto. In questi prefabbricati la connessione di solito è pessima. Perché ora funziona alla perfezione?
Sam porta le mani in avanti. «Oh no Tom, ti prego, non scaldarti. Siamo solo curiosi rispetto al vostro approccio moderno. Un approccio che ad esempio Peter Jackson, trent’anni fa non ebbe e infatti fallì nella realizzazione del film.»
Fa una pausa. Si aspetta che io dica qualcosa. Ma sono nel pallone in questo momento.
Sam torna con lo sguardo sulla scrivania. «Poi è arrivato Mark, con il suo nuovo approccio. Un approccio che ha portato proprio te a diventare il nuovo direttore creativo. Vuoi parlarci di questo?»
«Non sono sicuro di capire la domanda.»
«Mi chiedevo se volevi parlarci del tuo percorso. I fan apprezzano tantissimo il fatto che il direttore creativo sia gay. Come affronti l’approccio ultra cristiano dell’autore?»
Il dorso della mano inizia a bruciare. Ci stavo conficcando le unghie dentro e non me ne accorgevo neanche. Distendo i palmi sulle ginocchia. «E tu come lo sai?»
«Oh… Mark ci ha dett—»
«Tolkien non usa allegorie. Era cristiano, e inserisce valori cristiani nella sua opera. Valori come l’amore, la giustizia e soprattutto la pietà. Non ci trovo nulla di male in questo. Prossima domanda, per favore.»
Non vedo l’ora che questa tortura finisca. Che succede? Cosa sta succedendo al mondo? Io volevo solo parlare di Tolkien ma alla gente interessa solo che io parli di sessualità o di colore della pelle, mia o degli altri. Mi trattano come un alieno, come un reietto da guarire. Come un omosessuale che fa pena.
«Ok.» Sam si sistema sulla sedia. È più agitata di me. «Parliamo di Gimli, il simpatico nano.»
Finalmente, qualcosa di normale, a parte il definire Gimli come un simpatico nano. Questa crede che stiamo parlando del cartone di Biancaneve. Tolkien aveva ragione, Walt Disney ha rovinato la concezione dei mondi fantastici.
Sam si gratta la spalla. «Gimli è sposato? Raramente ci si prende del tempo per parlare delle figure femminili nell’universo dei nani.»
Che mal di testa. «Tolkien non ha sviluppato la storia di Gimli in questo senso. Comunque, da qualche indicazione sappiamo che i nani femmina ovviamente esistono, e sono molto simili alle loro controparti maschili.»
«In che senso?»
«Nel senso che le donne sono basse, abbastanza tarchiate e hanno la barba.»
Sam aggrotta la fronte. «Oh.»
«Ora, come dicevi all’inizio di questa splendida intervista, sono molto impegnato. Devo chiudere.»
*
Mark dovrebbe rientrare nel suo ufficio da un momento all’altro. È un’ora che aspetto. Anche oggi riesco a consegnare un nuovo resoconto sulla storia. Tengo il fascicolo in mano. Il dodicesimo di questa settimana. Vediamo se almeno riesco a salvare gli hobbit ed evitare che diventino dei guerrieri simili ai nani ed evitare la storia omosessuale tra Frodo e Sam. Ma ne dubito. Quasi tutte le altre undici analisi si sono rivelate un fallimento e Il Signore degli Anelli presto verrà ricordato come una macabra rappresentazione del politicamente corretto, con orchi biondi, piccoli villaggi multietnici, uomini che si comportano da donne, donne che si comportano da uomini. Il tutto che non trova nessuna spiegazione all’interno della storia. L’unica cosa che sono riuscito a salvare è la storia della relazione tra Aragorn e Arwen.
La porta del fabbricato si spalanca, Mark entra con passo svelto e mi dà una pacca sulla nuca. Lascio il fascicolo sugli hobbit sulla scrivania. Lui non si siede questa volta.
Prende il telefono dalla tasca, digita qualcosa e mi mostra una schermata dell’Hollywood Journal. Cazzo. Sarà uscita l’intervista. Con Mark ho cercato di prendere tempo e gli ho detto che era andata bene.
«Gli screenshot delle conversazioni di Lily sono ovunque su internet. Dobbiamo parlarle.»
«Cosa? Conversazioni private?»
Mark scorre su uno dei post e me lo mostra. C’è una mia foto. Rigira lo schermo verso di sé. «Il film che stiamo girando non è assolutamente fedele alla storia di Tolkien, è una pagliacciata politicamente corretta tirata avanti dal nostro direttore creativo, guarda caso omosessuale. La Signora degli Anelli.»
Non può essere successo per davvero. È tutto al contrario.
Mark sbuffa. «Oggi pomeriggio ho un appuntamento con i legali per capire come gestire questa situazione. Tranquillo Tom, ci saranno conseguenze per il suo atteggiamento omofobo.»
Prendo il mio telefono e scorro le bacheche. «Mark, ci sono foto di me ovunque. Mi chiamano tutti la signora degli anelli.»
«Lo so, in una ci sono anche io. I fan sono convinti che stiamo insieme. Le Signore degli Anelli. A dire la verità a molti piace questa cosa.»
Lo odio. Ma una parte di lui ha anche ragione, ha sempre avuto ragione.
«Ricordi tutto il discorso su Arwen e Aragorn?»
Riprendo il fascicolo dalla scrivania. «Qui dentro ti spiego perché avevo torto. Abbiamo bisogno di una Arwen completamente diversa.»
«Ah sì?» Lui fa per prendere il fascicolo. Lo trattengo e me lo porto dietro alla schiena. «Devo solo modificare un paio di cose, entro oggi pomeriggio te lo riporto.»
Lui annuisce. «Che avevi in mente?»
«Lei a Aragorn hanno già un figlio, ma lui li ha abbandonati. Lei è una madre single, indipendente e burbera. Alla fine del film solcherà i mari per Valinor, per continuare la sua vita immortale insieme a suo figlio. Aragorn non li rivedrà mai più.»
Mark si siede sulla scrivania. «Va bene. Ora però fammi andare da Lily. C’è molto di cui discutere.»
Mi avvio verso la porta e la apro.
«Tom, un’altra cosa: il tuo appartamento al New Mountain Hotel è disponibile a partire domani. Ti conviene fare i bagagli. Parla con Sander per avvertirlo che può far ritirare la tua tenda.»
«Ok, Mark. Grazie.»
Esco dal fabbricato, oltrepasso i camper e arrivo al campo delle tende. Mi guardano tutti. Un tipo grosso con lunghi capelli rossi e barba incolta mi fissa e non riesce a trattenere una risata come se fosse un vichingo ubriaco. Siete delle merde, tutti quanti. E io ve la farò pagare.
La mia tenda ha qualcosa di diverso. Sulla tela blu ci sono delle macchie colorate. Mi avvicino. I colori mostrano il disegno di un orco vestito di viola. Ha lunghi capelli biondi e le labbra rosso fuoco. Ai piedi dell’orco una scritta bianca. La Signora degli Anelli.
Entro nella tenda e la chiudo. Non voglio vedere nessuno e non voglio che nessuno che mi veda. Prendo il telefono e cerco tutti i post. Cerco frasi o parole chiave che possano riguardare Mark. Niente. Nessuna traccia delle Signore degli Anelli, ci sono solo io.
«Tom!»
È la voce di Mark. Che ci fa qui, mi ha seguito?
Apro la cerniera della tenda. Il faccione di Mark è paonazzo. Entra nella tenda e chiude la cerniera. Dall’esterno arrivano urla e fischi.
Mark prende il telefono e mi mostra di nuovo una schermata dell’Hollywood Journal. Non vedo bene. «Ora che ha detto Lily?»
«Lily? Testa di cazzo, queste sono le tue parole. Quando pensavi di dirmi che hai fatto lo stronzo fascista con la giornalista?»
«Fammi capire: da un lato mi insultano definendomi come la Signora degli Anelli, e dall’altra mi danno del fascista perché non sono una checca sufficientemente dispotica?»
Mark grugnisce. «Ti stanno accusando di body shaming. Donne con la barba?!»
Ma che cazzo.
Mark scuote la testa ed esce dalla tenda.
Fanculo tutti.
*
Il suono della ballata celtica riempie la tenda. Apro gli occhi. È giorno. Tasto il pavimento. Trovato. Prendo il telefono e disattivo la sveglia. La vista si fa più nitida. Sospiro.
Mi alzo dal letto. Meglio andare subito a prendere un caffè. Mi infilo i pantaloni e le calze. Indosso le scarpe ed esco dalla tenda.
Sussulto.
«Buongiorno, Tom.»
Ian è seduto su una delle tre seggiole accanto al tavolino. Ha un bicchiere colmo di caffè in mano. Un altro è sul tavolo. Lo prende e me lo passa.
«Ben svegliato.»
Prendo il bicchiere. «Buongiorno, Ian. Mi hai spaventato. Che ci fai qui?»
«Perdonami. Ti stavo aspettando. Parliamo?»
Mi siedo di fianco a lui. «Certo.»
Ian chiude gli occhi e fa un lungo respiro, come se assaporasse l’aria del mattino. «Lascio la troupe, Tom.»
I pezzi iniziano a cadere. Ho fallito. «Mi dispiace. Non posso dire di essere sorpreso. Il contratto te lo permette?»
«Detto tra me e te, i legali della produzione hanno fatto un pessimo lavoro. Non posso lasciare questo film senza conseguenze, ma posso decidere di non impegnarmi per i prossimi due film della trilogia.»
Geniale. Cambiare il personaggio di Gandalf in corso d’opera sarebbe uno smacco troppo grosso. «Quindi Mark ti ha lasciato andare fin da ora, immagino.»
Lui annuisce. «Come si dice, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.»
Bevo il caffè. Caldo e fragrante come al solito. «E immagino che Hugo adotterà la tua stessa strategia.»
«Sì. Penso sia solo una questione di tempo.»
«Mark avrà il suo bel da fare coi casting.»
Ian alza lo sguardo. Un falco, forse un’aquila, vola solitario nel cielo. «Oh, sì. È già al lavoro per trovare una nuova attrice che interpreti il lavoro di Arwen.»
«E Lily?»
«Lily è stata licenziata ieri sera. A quanto pare Mark le ha detto che il suo nuovo personaggio sarebbe stato una madre single che avrebbe rappresentato i nuovi valori femministi, e una serie di altre cose. Per farla breve, lei ha reagito male, ed è stata allontanata.»
Sono il direttore creativo, e non sono mai a conoscenza di ciò che avviene. Neanche quando una attrice viene licenziata per colpa mia.
«Mark è un idiota. Questo lo so benissimo. Ma mi sembra che vi stiate tutti accanendo contro di lui. E contro di me. Senza vedere il male che fate agli altri. Quando l’ho capito, ho iniziato a pensare che Mark avesse ragione.»
Ian accenna un sorriso. Lo sguardo ancora in alto. «Non posso darti torto, Tom. Mark non è l’unico male in questa storia. Il male risiede in ognuno di noi, e spetta noi stessi combatterlo.»
«Pensi che io mi sia comportato male? Da quando tutti sanno che sono gay sono stato discriminato.»
Ian mi guarda. Si china e prende una sacca che teneva nascosta dietro alle gambe. Ci infila dentro la mano e si blocca.
«Tom, non sei stato discriminato da quando tutti sanno che sei gay, ma da quando hai sfruttato questa cosa per importi sugli altri.»
Poso il caffè per terra. «Ian, lo sai. Ho voluto sfruttare questa cosa per provare ad arginare Mark. Che male c’è se nello stesso tempo ho potuto fare ciò che davvero amo?»
Ian tira fuori dalla sacca un grosso tomo. Lo appoggia sul tavolo. Il Signore degli Anelli.
«Vedi, Tom, la storia dell’anello ci mostra proprio come l’innesto del male non sia mai qualcosa di negativo. Vedi Saruman: inizialmente si sottomette a Sauron per il suo desiderio di conoscenza. Il suo piano è quello poi di sottomettere Sauron, il male. Ma poi ne diventa schiavo. Tu conosci la storia meglio di tutti, non ho forse ragione?»
Sì, ha ragione. «Lo stesso Saruman diventa un ammaliatore.»
Ian picchietta il dito sulla copertina del libro. «Se avessi avuto l’opportunità di continuare a recitare in questo film, lo avrei fatto volentieri. Adoro Gandalf.»
«Lui sa che l’unico modo per rinunciare al male è quello di rinunciare al potere.»
Ian sorride. «Esatto. Frodo prova a dargli l’anello, ma lui non accetta. Perché sa che avendo l’anello lui proverebbe a usarlo per fare del bene. Ma sa anche che finirebbe per imporre agli altri la propria idea di bene. E ammette che proprio per questo in lui c’è un potenziale che è peggiore di quello di Sauron.»
Ian si alza. Si volta e scruta la tenda, preso dal ridicolo disegno sulla tela blu.
«Gli orchi… Personaggi affascinanti.»
Mi fa un cenno con la mano e si allontana.
Prendo il libro che ha lasciato sul tavolo e lo apro alla prima pagina. Inizio a leggerlo, per la dodicesima volta.
*
Busso tre volte alla porta dell’ufficio di Mark.
La porta di apre. Gli occhi enormi di Cat, filtrati dalle spesse lenti dei suoi occhiali, mi fissano smarriti.
«Cat, che ci fai qui?»
«Mark e io siamo in riunione. Potresti ripass—»
«Fallo entrare!» La voce di Mark arriva dal fondo dell’ufficio.
Cat si fa da parte e mi fa cenno di entrare con la testa. Chiude la porta alle mie spalle.
Mark è seduto alla sua scrivania. Le occhiaie gli solcano il viso e i capelli sono più unti del solito. Non ha dormito.
«Mark, siamo ancora in tempo per salvare tutto. Però devi ascoltarmi: dobbiamo rivedere tutta la storia, così come il licenziamento di Lily.»
«Lily ci ha già fatto causa.»
Più provo a sanare la situazione e più questa va a rotoli. Continuo a provare ad afferrare il fumo con le mani, ma non ho il controllo di niente. Non l’ho mai avuto.
«Il tuo nome sulla lettera degli avvocati compare almeno dieci volte più del mio.»
Inizio a non stupirmi più. Mark aveva previsto tutto ciò. Per questo sono qui.
«Sono sempre stato il tuo scudo, vero Mark?»
Lui socchiude gli occhi. «Non dire sciocchezze Tom.»
«E quale scudo migliore se non un direttore creativo responsabile inattaccabile dai media per il suo orientamento sessuale?»
Mark si alza dalla sedia e viene verso di me. «Non so di cosa stai parlando, Tom. Ad ogni modo, devo salvare questo film. E per farlo, devo licenziarti.»
Prendo Mark per la maglietta e trascino lui e il suo faccione schifoso verso di me.
«Mi hai trasformato in un clown.»
Con l’altro braccio carico il pugno. Il destro gli arriva dritto sul naso, che si storce con un crac.
Mark cade a terra e inizia a piagnucolare.
Il cuore mi batte all’impazzata nel petto. La mia pelle sembra bruciare.
Mi volto e vado verso la porta. Cat mi guarda e alza le mani in segno di resa.
«Rilassati. Non picchio le donne. Neanche quelle come te.»
Apro la porta ed esco dal fabbricato. La sbatto più forte che posso. Il pomello mi resta in mano. Lo guardo e lo getto sull’erba davanti a me.
Cammino fino al viale alberato. Non ho più nulla. Non ho un lavoro, neanche quello da comparsa, e forse non lo avrò mai più. La mia reputazione nel mondo dello spettacolo è rovinata e anche quella nel mondo dei tolkeniani.
Sono un reietto.
Ma non sono più un orco.
Gli orchi sono personaggi affascinanti…
Esseri che hanno abdicato al libero arbitrio o che non esercitano la responsabilità nei confronti delle loro stesse scelte. Non permettono alla provvidenza, al fato, di agire. Creature che conoscono l’etica, ma non la applicano nelle loro vite.
Una macchina viene verso di me. Mi accorgo solo ora che sto camminando in mezzo alla strada. La macchina non accenna a fermarsi. Qualcuno ora vorrà anche ammazzarmi, manca solo quello. Almeno non dovrò affrontare una causa da centinaia di migliaia di dollari.
La macchina inchioda a pochi centimetri dalle mie gambe.
La portiera del guidatore si apre. Hugo.
Si appoggia alla portiera aperta e si toglie gli occhiali da sole. «Andiamo?»
«Dove?»
«A pranzo. Oggi è venerdì.»
Cari amici tolkeniani,
è passato un anno da quando l’Hollywood Journal decretava il fallimento della produzione del film de Il Signore degli Anelli, di Mark Tenberg. L’ondata di merda che gli è arrivata addosso è stata implacabile e lo stesso è stato per me.
Anche questo mese rinnovo le mie scuse a tutta la comunità dei veri amanti di J.R.R. Tolkien per il ruolo che ho avuto nell’insulto della sua memoria. Come sapete, ultimamente sto collaborando con la Tolkien Estate e i loro avvocati per fare in modo che episodi come quelli dell’anno scorso non si possano più verificare. D’ora in avanti la Tolkien Estate sarà la sola a distribuire i diritti su tutte le opere di Tolkien, e il tutto è guidato da niente poco di meno che dai suoi diretti discendenti, che ho avuto l’onore di conoscere.
Oggi, però, vi scrivo per condividere con voi qualcosa di nuovo. Come sapete, ho promesso che avrei dedicato la mia vita agli studi tolkeniani. Non solo Tolkien è sempre stato il mio spirito guida, se così possiamo dire, ma l’aver provato sulla mia pelle i suoi insegnamenti mi ha permesso di legarmi ancora di più alle sue opere.
Molti di voi ancora mi odiano, molti mi odieranno per sempre. Ma io non smetterò mai di chiedervi di perdonare un uomo che, come tanti, è stato corrotto dall’unico anello. Troppo spesso pensiamo di poter usare l’anello, visto il suo enorme potere, pensando di sfruttarlo per cavalcare l’onda della storia. Troppo spesso pensiamo che sia solamente un mezzo per raggiungere i nostri nobili fini, e pensiamo che questo non contamini le nostre pure intenzioni.
Quante altre volte non sarò in grado di riconoscere il male! Ho imparato che il male non è quello che predica menzogne, ma è quello delle mezze verità, è il Palantir nelle nostre vite, la sfera che ci mostra solo quello che gli fa comodo farci vedere. È ciò che ci convince di avere tutta la conoscenza di cui abbiamo bisogno. Ma alla fine si finisce per essere utilizzati da qualcun altro che muove i fili e che spesso non riconosciamo.
Vado al punto. Questo terribile viaggio mi ha permesso di conoscere persone incredibili e di avere gli spunti necessari per realizzare il mio sogno.
Annuncio la fondazione dell’Accademia degli Studi Tolkeniani. Come presidente dell’Accademia, sarà mio compito quello di onorare e far rispettare l’oggettività e la memoria di questo autore che tutti noi amiamo, insieme alla collaborazione della Tolkien Estate. L’obiettivo dell’accademia è quello di radunare i più grandi esperti di Tolkien nel mondo, e mettere la loro conoscenza a disposizione di chi ha bisogno di districarsi nel complesso mondo della Terra di Mezzo. Tutto ciò, ovviamente, non sarebbe stato possibile senza il sostegno morale e materiale di tre grandi amici, anche loro grandi appassionati de Il Signore degli Anelli: Hugo Reed, Ian Smith e Lily Jackson.
Tom.