Rivoluzioni decentralizzate
La sfera di azione libera dell’individuo si sta restringendo a vista d’occhio: come reagirà l’umanità in futuro?
Siamo in una fase di decadenza. È l’epoca del deterioramento dei valori, delle tradizioni, dell’economia, del tempo e della libertà. Quella decadenza storicamente rappresentata dall’agire difensivo, dal pessimismo, dal materialismo, dalla frivolezza, dall’afflusso di popoli stranieri, Stato Sociale ed indebolimento della religione. Siamo l’Impero romano, l'Impero Russo, l'Impero Francese.
Poco per volta, l’accrescimento del potere centralizzato e il conseguente sviluppo delle spese della burocrazia, sia questa supportata o meno da tecnologie innovative, iniziano a divorare la produttività economica. Ad un certo punto, costa di più amministrare la burocrazia di quello che la burocrazia può generare attraverso la coercizione. Allora l'impero comincia ad incrinarsi. Non può far valere le proprie pretese. Poi l'impero si erode o, altrimenti, viene catturato dai rivoluzionari, come è avvenuto in Francia (1789-1794) e Russia (1917). Perché l’aumento del potere e dello spreco economico e morale crea anche l’aumentare di una resistenza interna ed esterna. Il sistema o implode oppure si estingue.
Le economie di scala non favoriscono più la centralizzazione. Favoriscono il decentramento: nel settore manifatturiero, nell'istruzione, nello sviluppo urbano, nella finanza, nella politica, e anche negli affari militari.
Ci sarà una rivoluzione?
Forse, no. Gary North la definiva come una non-rivoluzione. Perché così come non c'è stata nessuna rivoluzione contro l'Impero Romano, così gli imperi di oggi deperiranno senza fare troppo rumore. Effetti della decentralizzazione. E l'essenza della rivoluzione è il potere centralizzato.
Cosa è accaduto dopo il dissolversi dell’Impero romano? Il mondo ha conosciuto uno dei periodi di massima decentralizzazione possibili per un’epoca del genere: il Medioevo. Con il decentramento non arriva la rivoluzione, ma la secessione. Le rivoluzioni, invece, vogliono la centralizzazione del potere. Per combattere un potere centralizzato militarmente, è necessario centralizzare il potere e questo porta solo ad uno spostamento di fedeltà nei confronti di un nuovo gruppo. Non vedremo un'estensione dei beni comuni; vedremo un'estensione della proprietà privata. Il segreto non è la sovranità monetaria nelle mani di un ente centrale; il segreto è la sovranità monetaria nell'ordine sociale del libero mercato.
La gente apprende, scandalo dopo scandalo, casino burocratico dopo casino burocratico, che il sistema è irreparabile. Non può essere riformato. Non può essere controllato. Deve essere affamato dal punto di vista finanziario. Il segreto della libertà non è la rivoluzione; il segreto della libertà è quello di affamare finanziariamente l'ordine centralizzato esistente. Non si prendono le armi contro lo stato; ci si rifiuta semplicemente di collaborarvi.
Il ruolo dell’Open Source
La rivoluzione open source sta decentralizzando il mondo, anche se siamo ad uno stadio più che iniziale. Anche se pensano sempre di salvare definitivamente il mondo, i rivoluzionari hanno uno scopo scandito dalla centralizzazione. Implicito od esplicito, c'è sempre un programma di centralizzazione in ogni movimento rivoluzionario. Chiaramente, finché chi si definisce conservatore non arriva a comprendere questa realtà, ben poco si muoverà.
Quanto spesso si sente dire che Bitcoin è una rivoluzione pacifica? L’espressione è reale e credibile, sebbene non sia precisa, proprio perché stiamo parlando di un protocollo open soruce decentralizzato. Chi decide quale sia una valuta valida e le regole con cui circola? Ci sono due alternative: la valuta è sotto il controllo centralizzato di un'autorità, o è sotto il controllo decentralizzato degli individui. Inoltre, la crittografia protegge le transazioni dalle intrusioni.
I sistemi aperti iniziano a piacere ed essere maggiormente ricercati. Questo non riguarda solamente Bitcoin, ma anche i motori di ricerca, lo sviluppo open source delle intelligenze artificiali, la ricerca del peer to peer anche in applicativi centralizzati come Twitter e social media decentralizzati come Nostr. Vediamo le sue applicazioni anche nell’operatività creativa, nel settore sanitario, nei sistemi operativi e nei codici di programmazione in generale.
Possiamo osservare il progressivo decentramento anche nelle realtà lavorative, le cui attività sono sempre più remotizzabili e nello sviluppo di una globalizzazione digitale. Il nuovo fallimento della centralizzazione è anche ben rappresentato dalla Brexit e dall’intrinseco fallimento dell’Unione Europea, dal decadimento americano, la rivincita dei BRICS e del ruolo dell’oro, e dalle disarmoniche interazioni culturali e politiche del popolo italiano, forzatamente fuso insieme 160 anni fa. La globalizzazione è supportata da una mobilità sempre più a portata di tutti, se non consideriamo tutti gli artificiali tentativi da parte dei burocrati di limitare gli spostamenti il più possibile; questo è un discorso separato, ma collegato al nostro: i diversi tentativi di pianificazione continueranno a causare danni su danni. Recessione, guerra e grave crisi energetica imminente sono solo tre esempi, penso comunque sufficientemente rappresentativi. È questa distopia che avanza che incarna il decadimento di un impero, da una parte, e un nuovo modo di vivere, forse più libero, dall’altra.
Una maggiore sfiducia verso le istituzioni, verso un sistema vecchio e debole, un sempre più esteso sviluppo delle interazioni online ed una più attenta sensibilità individuale alla privacy continuano ad essere processi che confermano una certa direzione. Le relative opposizioni ed opere di propaganda difensiva sono, in effetti, un’ulteriore conferma. Un recente e lampante esempio è un articolo de La Repubblica in cui possiamo leggere che opporsi all’impiego di tecnologia per garantire la sicurezza perché qualcuno potrebbe abusarne equivale ad affermare di non avere fiducia nelle istituzioni e che applicare il principio di precauzione agli strumenti di regolazione dei rapporti sociali è un atto irrazionale che serve solo a provocare la paralisi di qualsiasi componente dello Stato e pregiudicare i diritti dei cittadini. [Al momento del lancio di questa pubblicazione, non posso allegare il link all’articolo de La Repubblica che sembra essere stato rimosso].
Cosa accade dopo?
Del Great Reset e dell’ingegneria sociale ne abbiamo già parlato. Pensare che gli eventi seguano rapidamente il loro corso naturale potrebbe, infatti, essere un’illusione. Normalmente, l’essere umano oppone grande resistenza al cambiamento; figuriamoci la dirigenza politica o i dirigenti di quelle grandi aziende private che si sfamano dei dati personali delle popolazioni.
Mettiamoli tutti insieme e creiamo il progetto del World Economic Forum: lo stakeholder capitalism. Si ambisce ad una economia basata sul noleggio e sul deterioramento della proprietà privata dei cittadini. Ma qualcuno dovrà pur essere proprietario dei beni che i cittadini noleggiano. Quel qualcuno sono gli stakeholders. Un contesto in cui lo Stato diventa essenzialmente globale.
E ancora dopo?
Si tratta solamente di supposizioni, ma il percorso tracciato dal decentramento sociale potrebbe non interrompersi più. Forse, anziché svilupparsi rapido alla luce del Sole, scaverà dei tunnel sotterranei poco per volta più profondi.
Grossi cambiamenti relativi al modo che abbiamo di interagire con la tecnologia sono già in atto da tempo. Due forze continueranno a spingere nella stessa direzione. Una forza negativa, l’avanzare della distopia che innescherà un sempre maggiore tentativo di evasione, e una positiva, il moto naturale della distribuzione. Il momento continuo dei cypherpunk non si sarà mai fermato e, dopo il Great Reset, alcuni movimenti, grazie ad un avanzamento tecnologico che può sottomettere ma anche liberare l’uomo in un modo mai sperimentato prima, potrebbero essere maturi a sufficienza per creare un altro evento: potremmo chiamarlo la Grande Secessione.
Il Network State
Come detto all’inizio, risulta improbabile prevedere una rivoluzione. Tanto meno una rivoluzione violenta. Quei tunnel sotterranei potrebbero essere la rappresentazione della formazione di comunità virtuali, silenziose, distribuite e unite da valori e idee comuni. Un luogo, nel cyberspazio, dove grazie alla crittografia si potrebbe vivere il paradosso di riscoprire la ricchezza della cooperazione e della natura umana. Nulla che il Crypto Anarchist Manifesto non avesse già previsto negli anni ’90. Diverse realtà che hanno accolto questa visione esistono già oggi, sebbene molti siano sono dei tentativi embrionali, a volte goffi. Quelli che lo faranno bene, sono coloro che verranno considerati dei criminali pericolosi nella fase del Great Reset.
Anche un semplice luogo virtuale, astratto o concentro che sia, che riunisce persone con valori e convinzioni comuni e dove tali convinzioni non debbano avere necessariamente a che fare con uno iniziale scopo politico (o apolitico), può svilupparsi abbastanza da divenire un network con un proprio sistema di governance. Questa è una delle idee che potete trovare nel libro di Balaji Srinivasan, The Network State: How to Start a New Country.
Secondo la visione riportata nel testo, gli interessi e valori che riuniscono le persone non sarebbero limitati alle frontiere geografiche o alle identità etniche, ma possono essere diffusi su scala globale e virtuale e con un censimento on-chain in tempo reale e la creazione di una prima forma di criptoeconomia online. Comunità del genere esisterebbero prima di un eventuale supporto tecnologico e quest’ultimo avrebbe il solo scopo di riunirne i membri. Realisticamente, questa potrebbe essere l’origine di una eventuale Grande Secessione. In molti, compreso Balaji Srinivasan, sono convinti che queste comunità, in una seconda fase, diventerebbero in grado di riunirsi fisicamente restando uniti digitalmente attraverso le connessioni dei nodi (arcipelago di rete) e, con il parallelo indebolimento degli stati-nazione, occupare nuovi territori e fondare startup cities attraverso il crowdfunding.
A dire la verità Srinivasan non parla espressamente di indebolimento degli stati-nazione, anzi, suppone che l’esistenza dei Network State sia conseguente a un riconoscimento diplomatico dello stesso da parte degli stati-nazione. Questa prospettiva non la condivido, non la ritengo realistica e tanto meno la auspico.
Patri Friedman, che sta già finanziando la costruzione di città galleggianti politicamente indipendenti, sembra piuttosto allineato con Balaji Srinivasan, sebbene ammetta un punto che invece, condivido: il fatto che cercare di rendere le società esistenti più libere è una impresa quasi impossibile: fondarne di nuove, potrebbe essere la scelta più adatta. Se non altro perché statisticamente i libertari sono una minoranza e nelle democrazie le minoranze perdono.
L’idea di fondo, comunque, è quella di creare società volontarie che quindi escludano la presenza di elementi coercitivi al loro interno, il tutto inserito in una rete più ampia di città (fisiche, virtuali, ibride) ciascuna parte di un sistema di governance competitivo. Quale sarà il sistema di governo? Questo potrebbe variare da network a network, da città a città, e la competizione tra le diverse entità potrebbe riguardare proprio l’attrattività dell’insieme di regole della comunità e del sistema di governance. In termini generali, uno Stato di rete di successo è quello che attira immigrati allineati, mentre uno Stato di rete fallito è quello che li perde.
Queste sono certamente prospettive affascinanti, ma non esenti da rischi. Tra questi, quelli di ripetere pedissequamente gli errori che la storia continua a mostrarci, ma in chiave digitale. Molte organizzazioni o DAO che vorrebbero andare in questa direzione, ad esempio, sembrano ancora sopravvalutare il valore morale certo di una iniziativa o la scelta di replicare frame governativi simili a quelli del sistema della maggioranza e del voto. È ancora in atto un processo di maturazione tecnologica e soprattutto psicologica senza il cui definitivo compimento risulta impensabile l’implementazione sana di un simile modello.