Bit24 #17 – Riciclaggio, WEF, Autovelox, Crisi Tedesca
Diciassettesimo episodio di Bit24, una rubrica che ogni 24 del mese ripropone i contenuti condivisi sui social media dal Sole 24 Ore.
Contro le lavatrici?
Il nuovo pacchetto antiriciclaggio Ue, che il 18 gennaio ha registrato l’«accordo provvisorio» tra Consiglio e Parlamento, apre scenari nuovi e davvero molto incisivi nella lotta al money laundering. I soggetti obbligati, dalle istituzioni finanziarie alle banche, le agenzie immobiliari, i servizi di gestione patrimoniale, i casinò e i commercianti, sono notoriamente i guardiani (gate keeper) della lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, in quanto hanno una posizione privilegiata per individuare le attività sospette.
L’accordo provvisorio espande l’elenco dei “guardiani” al settore delle criptovalute, obbligando tutti i fornitori di servizi di cripto-asset (Casp) a condurre una due diligence sui loro clienti. Ciò significa che dovranno verificare fatti e informazioni e segnalare attività sospette, applicare misure di due diligence quando effettuano transazioni di importo pari o superiore a mille euro. L’accordo aggiunge anche le transazioni con portafogli privati (self-hosted), anche se ovviamente non ne specifica le modalità. Riguardo alla stretta anche sui pagamenti in contanti viene invece confermata una certa autonomia nazionale con l’individuazione di un limite-soglia europea che comunque non deve superare i 10.000 euro.
L’abbiamo già detto un po’ di volte: questa non è che la continuazione di una guerra (partita nel 2021 con l’AML-CFT) contro la privacy, fatta ovviamente a danno del singolo individuo e a favore dello Stato. L’esempio delle criptovalute è lampante, visto che costituiscono solo il 0,4% di tutte le transazioni finanzarie. Vi lascio infatti un punto di riflessione: il fenomeno del riciclaggio, così come quello della corruzione, esiste unicamente in virtù dell’esistenza dello Stato e sono unicamente i suoi interessi quelli colpiti. A meno che non crediate alla storia del bene collettivo, ma se siete ancora qui a leggere, ne dubito.
Il Ritorno del WEF
Il Sole 24 Ore ci che comunica che secondo i 1500 esperti intervistati dal World Economic Forum per il Global Risks Report, nei prossimi anni i rischi ambientali saranno i più rilevanti. Per gli esperti un altro rischio è quello della disinformazione generata dall’intelligenza artificiale, che rischia di minare la legittimità dei governi e portare a crimini d’odio.
Che il WEF e le sue diramazioni in giro per il globo vogliano usare la tematica ambientale per portare avanti la loro idea fabiana e tecnosocialista della civiltà non è certo una notizia nuova. Certo, inserirla tra i rischi più gravi del prossimo anno e decenni ci è utile per capire che la crociata diventa giorno dopo giorno sempre più sfacciata.
Anche il tema della disinformazione non risulta nuovo, ma la pressione su questo argomento sta accelerando, forse anche in virtù delle molte elezioni previste nei prossimi due anni.
Ritengo che la potenziale connessione, in realtà già visibile oggi, esistente tra intelligenza artificiale e disinformazione possa definirsi come un problema reale. Ma, anche qui, se proviamo a svincolarci dall’idea dello Stato come nostro genitore, forse riusciamo anche a porci qualche dubbio in più e a porci una domanda: esistono veramente informazioni che possono nuocermi direttamente? Da che cosa mi stanno effettivamente proteggendo? Nella realtà dei fatti, però, tale problematica non farà che rafforzare paure e convinzioni deleterie che daranno più potere ai burocrati i quali, a loro volta, useranno quel potere per indirizzare sempre più la mente delle persone verso le narrative ufficiali. Nel mondo delle urla, del rumore, della carenza di spirito e dello scarso valore della vita e delle parole, la disinformazione non è altro che un sinonimo di censura. Report come quello in oggetto, il Global Risks Report, servono esattamente a questo, a mettere una discussione sul tavolo (o a ingigantirla), ad aprire una strada verso qualcosa, in questo caso verso la possibilità di attaccare direttamente la libertà di pensiero.
Per la vostra sicurezza
Secondo il Codacons da noi ci sono oltre 11.000 postazioni lungo le strade italiane, determinando il record europeo. La notizia ci tiene a sottolineare che, grazie alle multe fatte con l’autovelox, lo Stato ha incassato ben 76 milioni di euro solo nel 2022. Da questo punto di vista la classifica vede sul podio Firenze, Milano e Genova.
Un aspetto comico è che è sufficiente navigare sul sito del parlamento europeo per scoprire un altro fatto riguardo alla mobilità: le strade italiane sembrano essere tra le più pericolose. In altri termini, l’Italia è tra i Paesi europei dove avvengono il maggior numero degli incidenti mortali.
A meno che non pretendiamo di considerare quello italiano come un popolo con una sorta di malattia genetica che gli impedisce di guidare correttamente e con prudenza, possiamo se non altro dedurre dall’incrocio di questi due dati che gli autovelox, che tanto andranno di moda nelle smart cities, non hanno un impatto sulla sicurezza delle strade. Forse un po’ sì, un po’ no. Ma certamente il vero impatto è quello sulle casse dello Stato e sul di controllo della popolazione generale. La mobilità, dopo tutto, come le transazioni finanziarie, è un aspetto essenziale nella sfera del controllo sociale.
I primi a cadere
La produzione e il valore aggiunto sono diminuiti nei settori industriali ad alta intensità energetica, come l’industria chimica e metallurgica, dopo che la performance economica di questi settori aveva già reagito in modo molto forte all’aumento dei prezzi dell’energia nel 2022.
La crisi tedesca è in realtà iniziata molto prima ed era ben visibile fin dal 2018. Adesso cominciano ad arrivare le conseguenze, accelerate dei deliri woke e green, che stanno concretamente facendo fallire le aziende. Il settore manifatturiero tedesco era già in costante calo prima che la perdita di gas a buon mercato dalla Russia lo colpisse ancora più duramente. Dopo la chiusura delle centrali nucleari, molte aziende stanno infatti cercando di trasferirsi. Molti anni di politiche verdi interventiste e di marcia indietro sulle riforme, insieme all'impronta pesante dello stato, hanno intaccato la competitività manifatturiera della Germania.
La debole crescita della produttività deriva anche da un considerevole rallentamento degli investimenti. Il sottoinvestimento da parte delle aziende private è ancora più grave. Quasi un terzo delle aziende industriali tedesche preferisce gli investimenti all’estero all’espansione interna. La riluttanza ad investire in Germania vale anche per gli investitori stranieri e dura da molti anni.
A questo possiamo aggiungere il fatto che la Germania potrebbe essere presa di mira dagli USA. Secondo questa prospettiva, la crisi ucraina sarebbe stata generata per evitare l’unica potenziale e attuale alleanza in grado di mettere in difficoltà gli Stati Uniti, quella russo-tedesca. Questa potenziale alleanza aveva una forma concreta, quella di un gasdotto chiamato Nord Stream 2.
Per quanto riguarda gli autovelox, 'se ci sono così tanti incidenti con tanti autovelox figurati se ce ne fossero meno'-cit..