Bit24 #18 – Ferragni, Lavoro, Crisi Tedesca e Rottamazioni
Diciottesimo episodio di Bit24, una rubrica che ogni 24 del mese ripropone i contenuti condivisi sui social media dal Sole 24 Ore.
Influencerz
Chiara Ferragni è stata iscritta nel registro degli indagati di Milano, con l’ipotesi di truffa aggravata, non solo per la vicenda del pandoro Pink Christmas della Balocco, ma anche per quelle delle uova di Pasqua della Dolci Preziosi e per la bambola Trudi, lanciata sul mercato nel 2019.
Personalmente trovo tutta questa ondata di fango nei confronti della Ferragni oltremodo sospetta e mi sono fatto l’idea che la popolare influencer milanese abbia pestato i piedi a qualcuno, anche solamente nel rifiutarsi di prendere parte a un qualche tipo di campagna o iniziativa. Forse mi sto sbagliando ma, soprattutto, forse non lo sapremo mai.
Mi soffermerei più che altro a valutare la Ferragni come uno dei sintomi di una malattia che affligge da tempo la società. Mi riferisco alla debolezza delle credenze, sostenute il più delle volte dal nulla. In questo caso si tratta del mito della popolarità come valore intrinseco e non come conseguenza di un valore. Traslata su aspetti diversi, la stessa malattia ci affligge quando ci affacciamo al mondo del lavoro, del denaro, del tempo e ovviamente della politica. A prescindere dalle valutazioni fatte sopra, ovvero dalle reali ragioni per cui la fiamma di questo scandalo è stata accesa, ritengo questi ultimi episodi come lo sfogo di un raffreddore che, almeno in parte, sta passando. Questi scandali, che di recente non hanno colpito solo la Ferragni, potrebbero essere a loro volta un sintomo, quello della naturale morte del nulla, di ciò che non ha un sottostante. Dopo tutto, per raggiungere velocemente numeri enormi, non si può che distruggere il ruolo della fiducia, della trasparenza e della continua messa in discussione del rapporto con gli altri. Quando poi la persona reale rompe il modello precostituito dal personaggio, quel nulla si fa sentire e si crea un baratro.
Riforme, riforme, riforme
Dal pacchetto Treu al Jobs act, passando per la legge Biagi e per il testo unico Sacconi. Quattro riforme nell’arco di quasi 30 anni, eppure l’apprendistato non è ancora riuscito a decollare. Anzi nel 2023 il contratto di lavoro a contenuto formativo che dovrebbe rappresentare il principale canale di ingresso dei giovani nel mondo produttivo presenta addirittura numeri in calo.
È curioso come in trent’anni i burocrati continuino a chiedersi, i risultati sono sempre più bassi, eppure noi stiamo continuando a fare riforme! E come, nello stesso tempo, non venga il dubbio che il problema possano essere le riforme stesse. Pura osservazione empirica.
Qualunque politica, soprattutto le cosiddette politiche espansive, non ha mai migliorato il mercato del lavoro. Figuriamoci se può supportare i giovani ad inserirsi nel lavoro. Questo è soprattutto vero nel settore privato visto che, al contrario di quello pubblico, crea ricchezza reale e funziona dunque tramite leggi che il burocrate non può, e non vuole, minimamente comprendere, le leggi di mercato appunto. La dura lezione per le persone che ignorano le leggi economiche è la realtà dei rendimenti decrescenti, dei prezzi, della ridistribuzione dei salari e del risultato dell’eliminazione degli incentivi personali. L'Italia è stata il quarto Paese al mondo per PIL aggregato negli anni Sessanta e di nuovo negli Ottanta, ma in quest'ultimo caso la ricchezza privata era stata costruita sulle spalle dei disavanzi pubblici.
La crisi tedesca
Come già accaduto negli scorsi numeri di questa rubrica, continuiamo a parlare della situazione economica in Germania.
Ciò che sembra essere il punto debole della competitività tedesca è la stagnazione della crescita della produttività del lavoro. Dalla fine degli anni 2000 la produzione per ora lavorata è aumentata di poco a causa del sottoinvestimento in capitale fisico e umano. Per qualche tempo la Germania ha affrontato questo problema attraverso la moderazione salariale, tuttavia a partire dalla crisi del 2008 i costi nominali unitari del lavoro sono aumentati più rapidamente che nel resto dell’Eurozona, rendendo le esportazioni tedesche più costose.
Non solo l’accumulo di capitale della Germania è rallentato, ma anche la sua capacità d'innovazione. Dal 2007 al 2022 la Germania è scesa dal secondo all’ottavo posto nel Global Innovation Index, mentre la Cina è salita dal ventinovesimo all’undicesimo posto. Poi, quasi un terzo delle aziende industriali tedesche preferisce gli investimenti all’estero all’espansione interna. Dopo la chiusura delle centrali nucleari, molte aziende stanno cercando di trasferirsi in luoghi più favorevoli ed economici finché non verranno costruite le infrastrutture promesse dai politici per raggiungere l’obiettivo dell’80% di energie rinnovabili. La burocrazia soffocante e un pesante carico fiscale che sostiene il sistema di welfare riducono la libertà economica e allontanano gli investimenti, non è una novità.
Rottamati
Sono previste risorse per 50 milioni di euro freschi di esproprio per gli incentivi al noleggio a lungo termine da parte delle persone. Questo nuovo programma di ecoincentivi 2024 entrerà in vigore entro la fine di marzo. In realtà, tale programma nel suo complesso ammonta a ben 950 milioni di euro. L’incentivo di 2.000 euro sull’usato è particolarmente stimolante e rientra nel nuovo paradigma, anche questo ormai inflazionato su questa rubrica tanto da meritarne quasi una tutta per sé, del essere povero è divertente.
Questa notizia mi ha colpito perché ben esprime in un unico schema la duplice distorsione a cui le persone sono sottoposte da parte dei media.
La prima riguarda il paradigma che ho già espresso, e si riferisce direttamente a quella campagna globale volta a scongiurare la percezione della recessione attualmente in corso. In altre parole, stiamo parlando di una sottile opera di convincimento, mascherata da opera di sdoganamento (accade in ogni aspetto delle abitudini culturali, come quella del femminismo e della cultura woke in generale), che si riferisce al volontario abbassamento del proprio stile di vita, atto appunto a fare in modo che la recessione e la crisi inflattiva sia meno percepibile.
La seconda riguarda il consueto modello basato sugli incentivi economici, necessari affinché il modello stesso (distorto) rimanga in piedi. Non è un caso che la discussione circa il cambiamento climatico abbia come soluzione di riferimento un ulteriore potenziamento dello Stato e della burocrazia. Come scrisse F. Hayek, chi ha il controllo dei mezzi può anche determinare quali fini devono essere raggiunti, quali valori devono avere priorità e quali no. Ciò in cui le persone dovrebbero credere.