Ready, Reset, Go!
Il World Economic Forum ha finalmente avuto l’occasione di poter perseguire il suo sogno nel cassetto: il Great Reset globale.
Il Great Reset non è più materia dei complottisti già da diverso tempo. Quanto meno da quando Klaus Schwab, fondatore e presidente del World Economic Forum, ha pubblicato il libro Covid-19: The Great Reset nel 2020. Il Great Reset non è, ovviamente, solo un libro teorico ma una concreta iniziativa del World Economic Forum stesso.
World Economic Forum
Nel 1971, Klaus Schwab nominò inizialmente il progetto, con sede a Ginevra, come European Management Symposium, ribattezzato World Economic Forum (WEF) nel 1987. Il 1971 è anche il triste anno in cui si è assistito alla ufficializzazione dell’abbandono del gold standard anche nella sua forma più lieve (processo iniziato già negli anni della Prima Guerra Mondiale) e dell’imperioso trionfo dei pianificatori centrali.
Il WEF, come organismo internazionale, è diventato popolare per il suo incontro annuale a Davos, in Svizzera, che attira imprenditori, capi di stato e politici di tutto il mondo, oltre a intellettuali e giornalisti, per discutere le questioni più importanti e urgenti del pianeta. I temi principali riguardano l’economia, la salute e l’ambiente.
Il World Economic Forum si considera impegnato a migliorare la condizione del mondo in qualità di ente imparziale senza vincoli politici. Comunque, anche Wikipedia ci ricorda che il WEF è stato osservatore presso il Consiglio Economico delle Nazioni Unite e che la fondazione è finanziata dalle circa mille imprese associate, in genere multinazionali con fatturato superiore ai 5 miliardi di euro.
Covid-19 e pianificazione
Nel suo libro, Klaus Schwab ammette che la risposta alla pandemia rappresenta un momento cruciale della storia in cui è possibile approfittare dell’opportunità emergenziale per mettere in atto cambiamenti radicali, in un contesto dove le società sono già state costrette a mettere in discussione alcuni paradigmi esistenti. Preciso di non aver letto il libro di Schwab, se non qualche casuale passaggio. Tuttavia, queste argomentazioni sono messe nero su bianco anche su un report del WEF, dal titolo Future Focus 2025, pubblicato a Maggio 2022.
L'economia globale ha dimostrato una notevole resilienza durante la pandemia di COVID-19. Eppure le società, l'economia globale e il pianeta devono affrontare sfide senza precedenti che rimangono urgenti e richiedono una trasformazione senza precedenti dei sistemi economici, ambientali e sociali del mondo. È imperativo che la comunità globale si ricordi di esplorare un'ampia varietà di questioni a lungo termine per garantire la salute generale della società e la sua disponibilità al prossimo cambiamento.
Secondo quanto scritto nel report, date le interdipendenze delle questioni globali, le nazioni e le organizzazioni non possono pensare di affrontarle isolatamente. Al contrario, richiedono un'efficace cooperazione del settore pubblico e privato per definire le ambizioni e affrontarle in un modo più olistico attraverso partnership e politiche ad hoc. In estrema sintesi, tutto il report si concentra su questa necessità di vedere il mondo pubblico e quello privato come un tutt’uno imprescindibile.
Il tutto è condito con dettagli utili a giustificare tale omogeneizzazione, quali la necessità di una economia più resiliente, sostenibile ed inclusiva; la necessità di un’aria più pulita; contratti sociali che abbraccino anche attraverso l’istruzione e lo sviluppo di competenze, equità e giustizia sociale, salute mentale e coesione sociale.
Gli sviluppi che hanno accelerato l'agenda del Great Reset includono la stampa sfrenata di denaro da parte della Federal Reserve, la conseguente inflazione, la crescente tassazione su tutto ciò che si può immaginare, la maggiore dipendenza dallo stato, la crisi della catena di approvvigionamento, le restrizioni e la perdita di posti di lavoro dovute ai mandati dei vaccini e la prospettiva di quote di carbonio personali.
Trasformazione Economica
Ammetto che leggere questo report è stato davvero complicato e l’operare diverse ricerche aggiuntive per comprendere meglio un argomento o anche solo una espressione (ad esempio, il significato di turismo sostenibile), è stato in prevalenza una attività frustrante. Forse qualcun altro, più preparato di me, sarà più fortunato. La mia valutazione è che porre a dibattito problematiche estremamente generiche ed ancora più generiche e confuse soluzioni, pone il rischio di un grado di interventismo senza limiti, senza logica e senza morale. Ovvero, maggiore risulta essere il grado di astrazione di un problema e della sua soluzione, tanto maggiore è il potenziale di deriva di controllo assoluto su ogni aspetto sociale.
I passaggi a tema economico, sebbene anche quelli estremamente generici e sfumati, sono risultati più chiari. Forse perché mi competono di più. O forse perché erano gli unici passaggi sui cui il WEF stesso è riuscito, ben volentieri, a delineare una direzione più precisa. O forse perché è solo la riproposizione della consueta salsa. Qualsiasi sia il problema che l’umanità si troverà ad affrontare, infatti, la soluzione proposta dalle organizzazioni nazionali e sovrannazionali tende ad essere sempre la stessa:
I sistemi fiscali devono essere riprogettati per ottenere una tassazione più efficiente sul capitale. Progettando meccanismi di tassazione più progressivi, il carico fiscale può essere spostato dal basso verso l'alto e fornire una base imponibile più elevata per la mobilitazione delle entrate (soprattutto nei paesi con una capacità fiscale inferiore) e contribuire al finanziamento della spesa sociale e delle riforme strutturali.
In breve, la spesa pubblica dovrà diventare più pro-poveri e fornire i beni pubblici necessari per una crescita inclusiva sostenibile. La distribuzione della ricchezza e del reddito sarebbe diventata insostenibile negli ultimi decenni, portando a tensioni sociali ed alla polarizzazione e diminuendo la resilienza economica in molti paesi.
Siamo quindi di fronte ad una necessità di trasformare l’economia. Ma secondo il WEF questa trasformazione dipenderà dalla creazione di mercati nuovi, inclusivi e sostenibili e dove l'accelerazione del progresso delle fasi di creazione del mercato richiederà una nuova visione che aiuti a capire come i settori pubblici e privati possano collaborare per guidarla. Ma visto che il presupposto di base sembra essere che solo l’intervento pubblico sia capace di interventi moralmente nobili, allora risulterà inevitabile che questo modello ibrido, già così da scongiurare, sia solo una facciata che nasconde uno statalismo puro. In pratica, il Great Reset si riferisce ad un nuovo modello di società caratterizzato da un interventismo senza precedenti.
I governi dovranno svolgere un ruolo trainante nell'orientare i mercati verso questa trasformazione. L'obiettivo in diversi settori è sviluppare e integrare una nuova serie di prodotti, servizi e modelli di business che forniscano soluzioni ai problemi che le società devono affrontare oggi.
Il WEF dichiara apertamente che il settore pubblico deve diventare co-creatore del mercato e che, quindi, risulta necessario operare un cambio di narrativa dello stesso. In questo senso l’obiettivo è quello di rendere il pubblico più attrattivo nella mente delle persone, anche dal punto di vista dell’impiego. Quale la ragione? Anche questo è spiegato chiaramente:
Le partnership tra pubblico e privato intorno all'innovazione e alla creazione di mercato sono stati spesso troppo squilibrati e i benefici di progetti di successo non sono stati equamente distribuiti all'interno della popolazione.
L’idea è dunque di creare una economia sostenibile, equa, ridistribuita e totalmente artificiale. Perché saranno solo i prodotti creati dai governi, o quanto meno co-creati in partnership con essi, ad essere artificialmente spinti sul mercato che, a questo punto, si baserà ancora meno di oggi sulle leggi reali di domanda e offerta. E come si fa a scardinare leggi economiche così naturali? L’unica via è l’ingegneria sociale. Ed anche di questo il WEF non ne fa un mistero:
I governi possono sostenere la domanda di prodotti chiave, ma il cambiamento trasformativo spesso richiede un cambiamento nel comportamento di intere comunità e un cambiamento coordinato da parte di diversi attori, regimi e istituzioni.
Altri interventi riguarderanno, ad esempio, il miglioramento dei meccanismi fiscali di progressività; la riduzione del sostegno a lungo termine alle industrie che si caratterizzano per una alta intensità di emissioni; ma anche nuovi incentivi fiscali per gli investimenti a bassa emissione (finanziati con i metodi sopra citati); compiere il passo finale verso la digitalizzazione grazie alle CBDC (Central Bank Digital Currencies); stabilire regole di governance dell’identità digitale integrata con la tecnologia sottostante alle CBDC.
Il Great Reset
Un primo aspetto generale su cui il WEF punta in riferimento al Grande Reset è la ridefinizione del contratto sociale. Quel contratto che i cittadini non hanno mai firmato e che mai firmeranno. Ridefinire il contratto sociale significa sostanzialmente distorcere il significato e lo scopo di paradigmi a cui siamo generalmente abituati.
Secondo il WEF, infatti, l’eventuale scelta di inflazionare la valuta per finanziare la decarbonizzazione non costituisce un danno economico perché, di fatto, la valuta viene svalutata per uno scopo superiore che include il benessere del cittadino. E poi, l’inflazione può essere tenuta a bada semplicemente manipolando i tassi d’interesse. Le conseguenze economiche di queste manipolazioni non sono certamente contemplate. Anche il concetto di benessere è ovviamente distorto, poiché questo viene inteso come la possibilità delle persone di vivere in un ambiente libero dalle emissioni, in cui una economia green possa trovare spazio.
Crescita economica, sì, ma solo se si tratta di una crescita economia sostenibile, secondo i criteri stabiliti dal WEF stesso e dai governi supportati dai prodotti e servizi delle aziende parte del network. Una sorta di emergente socialismo aziendale. E Grande Reset è il nome che è stato dato al progetto di stabilire questo sistema a livello globale.
Nel frattempo, i criteri ESG sono sempre più in linea con gli obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Uniti ed alla celebre Agenda 2030. Si tratta di 17 obiettivi che, dopo essere stati raggiunti entro il 2030, renderanno la nostra società un paradiso (o un inferno) in terra.
In un precedente articolo, ho analizzato nel dettaglio il quarto obiettivo dell’Agenda, inerente al cambiamento radicale dei sistemi educativi. Sembra una buona notizia, ma non lo è. Per esempio, una delle idee del WEF è quella di smantellare il sistema delle lauree, cercando di proporre un’educazione che si basi sulle competenze (attraverso training continui) piuttosto che sui titoli. Anche qui, attenzione all’inganno. In parte io stesso sono in linea con questa visione, ritenendo il sistema universitario e buona parte dei corsi di laurea totalmente inutili, fallimentari e dannosi. Ma il WEF vorrebbe cancellare le Università semplicemente perché non ammette la co-esistenza di istituti più e meno prestigiosi in quanto contribuirebbero ad ostacolare il sogno di equità ed uguaglianza totale.
Questa esasperata ricerca dell’uguaglianza ed equità è ciò che poi si traduce nella famigerata espressione di qualche anno fa attribuita al WEF stesso: You’ll Own Nothing and You’ll Be Happy.
Infatti, il WEF ambisce ad una economia basata sul noleggio e sul deterioramento della proprietà privata dei cittadini. Ma qualcuno dovrà pur essere proprietario dei beni che i cittadini noleggiano. Quel qualcuno sono gli stakeholders. Non a caso, un altro punto importante del Great Reset è lo Stakeholder Capitalism.
In questo sistema di mercato, gli stakeholders sono proprietari della maggior parte dei beni e principali erogatori dei servizi. Nel caso sia necessario specificarlo, gli stakeholders sanno i membri del WEF e le aziende che fanno parte della fondazione e che avranno l’opportunità di rafforzare la loro attività di lobbying. A queste aggiungiamo anche i governi, banche centrali, le grandi banche commerciali e i principali fondi d’investimento. Ovvero tutti gli enti che già adesso hanno il potere di controllare i flussi di capitale e, eventualmente, di rimuoverli da chiunque non sia in linea con la loro visione del mondo a prescindere, tra l’altro, dai criteri ESG (basti vedere il caso Elon Musk – BlockRock).
Come già anticipato, un altro aspetto è quello della decarbonizzazione dell’economia. Non tratterò i presupposti scientifici su cui si basano queste scelte politiche. E non negherò che la valutazione della salvaguardia del pianeta su cui viviamo possa essere una prerogativa degli esseri umani. Come esseri che non vivono solo di istinti ma hanno un occhio rivolto al futuro, compreso quello delle prossime generazioni. Sembra però che queste respireranno un’aria pulita, commerceranno in una economia verde e vivranno anche una vita da miserabili a causa di un debito mondiale esponenzialmente crescente, che sarà esacerbato proprio da queste politiche. E allora la teoria della ricerca del benessere di chi verrà dopo di noi inizia a traballare. Possiamo però dire che c’è sicuramente un modo più logico ed uno meno logico per gestire la transizione ecologica. Per esempio, obbligare i contadini a smettere improvvisamente di utilizzare il fertilizzante chimico non è la scelta più logica, tanto meno una scelta orientata al futuro e certamente non la scelta più umana.
Oppure, obbligare a consumare meno energia non implica la decarbonizzazione dell’economia ma la sua inevitabile distruzione. È anche chiaro che non tutti i Paesi hanno la possibilità di disporre i pannelli solari ed impianti eolici e si troveranno costretti ad acquistare energia che avrebbero potuto produrre da soli. Ma per il WEF questo non è un problema e, in effetti, è una delle vie che favorirà il fenomeno della globalizzazione sociale ed economica tanto desiderata.
Attraverso la digitalizzazione, comunque, saremo incentivati a rispettare queste volontà. Come la Bank of International Settlement (per chi non la conoscesse, si tratta fondamentalmente dell’organo superiore alle banche centrali), il WEF desidera la tokenizzazione di qualunque asset e il potere su di essi. La digitalizzazione, come anticipato, riguarda anche la valuta che sarà accompagnata dall’identità digitale, sistemi di riconoscimento facciale e tracciamento dei dati personali.
Ideologicamente, questi processi sono supportati dalle correnti woke. Queste infatti risultano a volte ben peggiori delle derive naturali del socialismo. Quanto meno, sul piano teorico, il socialismo-comunismo sostiene l'acquisizione dei mezzi di produzione e dello stato con mezzi politici. Mentre l’ideologia woke emergente non propone neanche questo. Si tratta di una forma di recriminazione che obbliga all'abdicazione, non all'acquisizione, dei beni. Richiede solamente la decadenza dei vantaggi per apparenti motivi morali.
La trasformazione digitale che il Great Reset porterà potrebbe essere anche più ampia, andando a coinvolgere l’ambito medico e scientifico con l'espansione della genomica, delle scansioni celebrali, della nanotecnologia e della robotica in un percorso coerente con un altro sogno di Schwab, ovvero l’ingresso nella Quarta Rivoluzione Industriale e nel transumanesimo.
Gli sviluppi di questa Quarta Rivoluzione Industriale includono già algoritmi nel web che alimentano notizie e pubblicità prescritte e declassano o escludono contenuti vietati; algoritmi che censurano i contenuti dei social media e consegnano individui e organizzazioni pericolosi ai gulag digitali; app che tracciano e rintracciano sospetti covid e denunciano i trasgressori alla polizia; polizia robotica con scanner di QR Code per identificare e radunare i dissidenti e smart cities dove ognuno è un'entità digitale da monitorare. Se da una parte l’avanzamento tecnologico ha senza dubbio risvolti positivi, dall’altra questo potere nelle mani dei tecnocrati non può che portare ad uno scenario distopico.
Contemporaneamente, il modello economico auspicato rappresenta anche la nuova governabilità dell'industria privata. Sotto il capitalismo degli stakeholder di Schwab e il modello di governance multistakeholder, la governance non solo è sempre più privatizzata, ma anche e soprattutto, le società sono considerate importanti aggiunte ai governi e agli organismi intergovernativi. Ovvero, un sistema statale incredibilmente esteso che eroga finanziamenti diretti allo sviluppo sostenibile ad esclusione dei non conformi, nonché l'uso di Big Data, intelligenza artificiale e 5G per monitorare e controllare i cittadini.
Perché il Covid è stato così importante? La pandemia ha fornito un precedente in cui lo Stato, in riferimento ai vaccini, garantisce alle Big Pharma la tutela del monopolio e l'indennizzo da responsabilità in cambio di un veicolo attraverso il quale ampliare i propri poteri di coercizione. Poiché queste società sono multinazionali e sono intimamente legate allo Stato, quest’ultimo diventa essenzialmente globale, indipendentemente dal fatto che venga mai formalizzata o meno l’esistenza di un effettivo governo mondiale.
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