Bit24 #15 – Femminicidio, Carne sintetica, Povertà sostenibile e Clima
Quindicesimo episodio di Bit24, una rubrica che ogni 24 del mese ripropone i contenuti condivisi sui social media dal Sole 24 Ore.
La nuova emergenza
Dal momento che il suo omicidio è stato tristemente strumentalizzato dall’agenda politica, il caso di Giulia Cecchettin è sulla bocca di tutti in questi giorni. Vorrei sorvolare su alcuni fatti specifici che ancora non sono stati approfonditi, su due famiglie che non si conoscono e sui commenti riguardo alla prossima carriera politica della sorella di una vittima la cui anima, immagino, stia facendo molta fatica a trovare la pace che merita nella confusione di questo circo generalizzato. Quello che vorrei approfondire, però, è la politica ideologica di odio che, in quanto tale, si sta nutrendo di una simile tragedia. Sto parlando, ovviamente, del femminismo.
Innanzi tutto vorrei invitare chiunque a spegnere la televisione (so che siete ancora in tanti a guardarla) e aprire, ad esempio, un qualsiasi report ISTAT in riferimento agli omicidi nel nostro Paese, o non solo. Potreste scoprire alcune cose interessanti: ad esempio, che il dato italiano di femminicidi è inferiore alla media europea, che in questa società patriarcale l’80% dei suicidi riguardano gli uomini e che l’incidenza di femminicidi commessi dal partner maschile è quasi uguale a quella di donne che ammazzano il proprio partner (quest’ultima prospettiva rileva tra l’altro un dato in crescita, a differenza della prima, in decrescita).
Come sempre, la linea politica è quella della divisione. Non mi riferisco solo al uomini contro donne, ma anche alla disgregazione familiare, ottenuta prima dalla lacerazione della figura della donna, di cui il femminismo è complice, mentre ora è il turno diretto della guerra contro l’uomo, possibilmente bianco.
Il femminismo insegna alle donne a competere con gli uomini. Paradossalmente, facendo appello al genere femminile il femminismo ha ridotto il suo ruolo. Piuttosto che l’educazione affettiva, l’insegnare l’immoralità del femminicidio fin dalla scuola materna o altre aberrazioni formative, forse bisognerebbe insegnare alle ragazze a competere come individui e ad usare il genere femminile a proprio vantaggio in una competizione equa e orientata alla creazione di valore basata sulla parità di opportunità.
Come disse Margaret Thatcher:
La missione delle donne non è quella di migliorare lo spirito maschile, ma di esprimere quello femminile; non è preservare un mondo creato dall'uomo, ma creare un mondo mediante l'infusione dell'elemento femminile in tutte le sue attività.
Qualcosa di buono (da mangiare)
Della carne sintetica avevo già parlato nell’episodio #8 di questa rubrica. Circa sette mesi fa ipotizzavo che il ruolo dell’Italia di mosca bianca nel mare di proposte alimentari raccapriccianti sarebbe durato poco: come sappiamo, non esistono agende politiche nazionali. Tuttavia, sembra proprio che il divieto di cui si parlava sette mesi fa sia in questi giorni divenuto legge. La Camera ha infatti approvato definitivamente il relativo Ddl (Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali).
Onestamente resto comunque poco fiducioso per il futuro. In Paesi come USA, Singapore e Israele c’è un sostegno istituzionale allo sviluppo del settore e la ricerca è incoraggiata a procedere speditamente. La stessa Unione Europea ha finanziato dei progetti di ricerca sulla carne coltivata.
Con l’approvazione di questo Ddl, ho sentito e letto un po’ di commenti lamentosi sull’argomento (sì: a quanto pare c’è gente che non vede l’ora di mangiare carne sintetica) e praticamente tutti citavano, a sproposito ovviamente, il libero mercato. Il passaggio mentale di queste persone, che superficialmente non è sbagliato, è il seguente: il governo italiano vieta con una legge un’innovazione e quindi ostacola il progresso e il libero mercato. Ci sono un paio di considerazioni veloci da fare: la prima è il fatto che sentire parlare la gente comune praticamente per la prima volta di libero mercato applicato a questo contesto distopico è una cosa deprimente. La seconda è che lo sviluppo della carne sintetica non ha assolutamente nulla a che fare con il libero mercato, dal momento che si tratta di un settore che neanche esisterebbe se non fosse per le tasse estorte alle persone e con cui le entità pubbliche sopra citate hanno finanziato la ricerca di questo prodotto appositamente pensato per eliminare gli allevamenti. Un po’ come l’auto elettrica, la carne sintetica è semplicemente l’esempio di come l’interventismo statale porti all’allocazione inefficiente delle risorse.
La povertà è sostenibile
Gli italiani stanno progressivamente adottando comportamenti sostenibili in numerosi ambiti, dall’alimentare all’energetico. Due terzi è infatti più propenso alla sostenibilità che alla comodità nei comportamenti quotidiani, secondo uno studio di EngageMinds Hub, Centro di ricerca in psicologia dei consumi e della salute dell’Università Cattolica di Cremona.
Lo studio fornisce quindi una fotografia della società di «buona potenzialità» ed evidenzia come gli italiani siano «decisamente più predisposti alla sostenibilità», secondo Guendalina Graffigna, direttrice di EngageMinds Hub.
Sette italiani su dieci dichiarano di adottare comportamenti sostenibili, tra cui limitare lo spreco di cibo per l’89% del campione. Le donne e i laureati sono più propensi ad adottare comportamenti alimentari sostenibili (rispettivamente il 77% e il 78%), così come le persone di sinistra (79%). Ma per quanto riguarda il consumo di carne, la posizione è diversa: solo il 34% dichiara di essere orientato a limitarne il consumo.
Quasi tutti gli italiani adottano comportamenti energetici sostenibili: il 92% spegne le luci quando esce da una stanza, l’89% chiude i rubinetti per non sprecare acqua, l’83% limita il riscaldamento e l’aria condizionata e l’80% spegne i dispositivi elettronici quando non in uso.
Lo studio ha evidenziato un miglioramento rispetto al 2022: coloro che chiudono i rubinetti sono passati dall’84% 2022 all’ 89% del 2023, e dal 72% del 2022 all’83% per quanto riguarda riscaldamento e aria condizionata. L’80% ha inoltre dichiarato di spegnere i dispositivi elettronici quando non in uso, rispetto al 73% del 2022. Il comportamento maggiormente messo in atto dagli italiani è la raccolta differenziata (88%), seguito dal fare manutenzione degli oggetti (80%), ripararli (73%) e acquistare solo il necessario (67%). Tra le categorie che adottano maggiormente questi comportamenti troviamo le donne (63%) e gli over 60 (69%).
Insomma, ragazzi, nulla accresce la sostenibilità come tasse e inflazione: la gente è povera e adotta comportamenti sostenibili (economicamente). Si impoverisce anno dopo anno e quindi adotta comportamenti sempre più sostenibili. La condizione di povertà e di annichilimento generale rende queste persone depresse e quindi incapaci di affrontare la realtà, cosa che probabilmente le convince della loro buona predisposizione alla sostenibilità. Poi, per ringraziare lo Stato di tutto, queste persone pagano la TARI e fanno anche la raccolta differenziata per permettere alle aziende statali di efficientare ancora meglio il loro processo di generazioni di introiti.
Decisamente Fuori Rotta
Chiedo scusa se in questa rubrica finisco sempre per parlare del clima: non sono io a essere noioso, la propaganda lo è.
L’articolo ci fa sapere che nessuno dei Paesi del G20 sta riducendo le emissioni a un ritmo coerente con gli obiettivi di riduzione delle emissioni per limitare l’aumento della temperatura sul nostro pianeta. Un articolo che io vi inviterei caldamente a leggere, o a provarci almeno, per farmi sapere se riuscite a capirci a qualcosa di concreto. Perché io ho avuto la sensazione di leggere solo parole allarmiste a casaccio, parole che solitamente anche in questi casi sono messe insieme in un senso logico. Questa volta però, insieme ai ghiacciai, piange anche la lingua italiana. Il nuovo rapporto Unep, si dice, mostra che la quantità di CO2 nell’atmosfera è aumentata dell’1,2% nel 2022, raggiungendo un nuovo record. Solo nuovi record, ultimamente.
Oggi vorrei fare una considerazione diversa sul clima, tanto che anche questa narrativa sia guidata dai socialisti già lo sappiamo e già ne abbiamo parlato.
Vorrei ricordare che stiamo ancora sperimentando una fase fredda della terra, e che comunque il clima cambia senza influenze umane, infatti cambia fondamentalmente a causa delle non poche forze naturali: variabilità solare (diretta e indiretta), cambiamenti orbitali, correnti oceaniche, eruzioni vulcaniche, l'oscillazione artica e di variabilità interna come il ciclo El Niño-La Niña, tra l’altro anche citati nell’articolo in questione.
I rapporti sul clima sui media mainstream sono sempre cattive notizie, sempre. L'aumento della CO2 è descritto in modo negativo, mai in modo benigno o positivo (alcuni scienziati lo definiscono il gas della vita, lo sapevate?). Ma ci sono persone come Robert Bradley dell’Institute for Energy Research che si chiedono perché l'influenza umana sul clima mondiale dovrebbe essere unidirezionale? Un calo dei livelli di CO2 rappresenterebbe sempre una gioia per il clima?
In assenza di questo tipo di filosofia, si può accogliere con favore una maggiore fotosintesi attraverso l'arricchimento atmosferico di CO2. Anche il caldo può essere definito migliore, dato che le morti legate al freddo sono superiori a quelle da caldo. Le temperature minime stanno salendo tanto o più delle massime, in particolare nelle regioni più fredde nei periodi più freddi dell'anno. Non una bella notizia, nemmeno per la produzione alimentare in tutto il mondo, stimolata in parte dall'inverdimento globale grazie ai gas serra. Ci sono vantaggi, non solo svantaggi, derivanti dall'influenza umana sul clima mondiale. L'imprenditorialità lavora per elevare il bene e minimizzare il male, creando il progresso. È interessante notare che gli allarmisti sul clima non hanno una teoria dell'imprenditorialità, ma solo prescrizioni per uno stato più grande che corregga i presunti fallimenti dei mercati.