Bit24 #16 – PNRR, Debito, Violenza, Povertà e… Buon Natale
Sedicesimo episodio di Bit24, una rubrica che ogni 24 del mese ripropone i contenuti condivisi sui social media dal Sole 24 Ore.
Il PNRR non esiste
Il Sole 24 Ore ha fatto un’inchiesta per scoprire, anzi per raccontare, che il vero incubo si chiama Regis, la piattaforma della Ragioneria generale dello Stato che censisce gli interventi del Pnrr. È, dicono, di una complessità unica e i tempi di caricamento delle pratiche sono lunghi e spesso, quando si aggiorna, resetta tutti i documenti e tocca ricominciare da capo.
Io non metto in dubbio che la burocrazia italiana rappresenti una falce (e martello) per ogni dinamica di fluidità di mercato però, qui, è in opera un’intrigante opera di offuscamento della realtà dei fatti che potremmo alternativamente definire come una gran cazzata volta nascondere la reale natura del Pnrr.
È sempre la stessa storia: la truffa del denaro fiat. Il Pnrr ha sempre rappresentato l’oceano di liquidità che doveva invadere l'Italia, ed essendo essa scoperta e non supportata da risparmi reali, lo scopo del Pnrr era ed è quello di confondere investitori e consumatori.
Quasi tutti i soldi nel Pnrr, eccezion fatta per la transazione ecologica (prima voce distributiva del piano economico) non sono arrivati e mai arriveranno e la dilatazione dei tempi delle opere è perfettamente intenzionale. In compenso, con il Pnrr l’Italia ha definitivamente perso la sovranità fiscale, l’Europa ha aumentato il suo controllo sulle politiche di bilancio e la restituzione dei prestiti effettivamente concessi (no, non sono a fondo perduto) saranno e sono già richiesti al cittadino italiano.
Il piano fin dall’inizio era quello di utilizzare la crisi per spingere ancora di più politiche fiscali e monetarie portando quindi a un'inflazione galoppante per ripulire l'ambiente economico degli errori del passato. È denaro destinato ad alimentare il gioco finanziario con la spesa pubblica, non per aiutare le persone.
… E infatti…
Il valore assoluto del debito pubblico italiano tocca un nuovo record a ottobre, salendo di 23,5 miliardi rispetto al mese precedente e toccando quota 2.867,7 miliardi. Come nota vi lascio anche l’ammontare del debito mondiale: 300.000 miliardi.
L’Italia, e più o meno tutti gli stati del mondo, stanno continuando a spendere più di quanto rub--guadagnano. Questo continua inesorabilmente ad aumentare un deficit che deve essere costantemente rifinanziato a costi sempre più alti (whatever it takes). Quindi c’è poco da gioire se l’inflazione rallenta un po’ perché non solo il debito è in aumento, ma anche il suo ritmo di crescita. In questo è chiara la malafede della cattiva gestione economica poiché un’inflazione alle stelle come quella che abbiamo vissuto e stiamo vivendo dovrebbe presuppore, se non altro, un abbassamento del livello del debito. C’è chiaramente un’altra via che può aiutare gli stati a ottenere questo risultato: il default. Uno scenario abbastanza coerente con il piano del Great Reset europeo.
Violenza
Cito il titolo di questo articolo principalmente per il fatto che mi ha fatto molto ridere e per ricordare che purtroppo la violenza economica, che è l’argomento principale di questa newsletter, come sappiamo non fa distinzione di genere o di età.
Una donna su due, ovvero il 49% delle donne intervistate, dichiara di aver subito violenza economica almeno una volta nella vita, percentuale che sale al 67% tra le donne divorziate o separate, è il risultato della profonda indagine. Lo studio non chiarisce e non entra nel merito dei dati, tanto meno definisce l’espressione violenza economica. L’unica informazione che emerge è che una donna separata o divorziata su quattro (che a casa mia è uguale al 25%) dice di aver subito decisioni finanziarie prese dal partner senza essere stata consultata prima. È uno di quegli studi che non ha la minima ragione d’essere perché non comunica assolutamente nulla sulla nostra società, messo lì in bella vista in virtù di una propaganda che ha preso piede. Un dato più interessante sarebbe quello delle donne banked, ovvero quelle che hanno e non hanno un conto corrente. Prima di leggere l’articolo pensavo che il titolo, seppur ridicolo, si riferisse a quello. Ovviamente si tratta di percentuali spropositate. Infatti, l’aggiornamento più recente di Milano Finanza riporta che le donne che non hanno un contro corrente in Italia sono il 4,8% della popolazione contro la percentuale unbanked mondiale pari al 26%.
Un altro dato che può apparire più interessante è che in totale, a livello teorico, il 30% delle donne dipende economicamente dal partner o da un altro familiare. Questa è un’assunzione che parte dal fatto che il 13% ha solo uno cointestato con il partner e l’11,6% con un altro familiare, a cui si devono aggiungere le donne unbanked. Tuttavia, anche questo dato ben poco ci dice sulla violenza economica. Forse, in un gioco degli opposti che scavalla gli squilibri delle diverse epoche, tutto ciò potrebbe dirci qualcosa riguardo alla pressione che viene fatta sulle donne per essere indipendenti, avere una carriera e, possibilmente, evitare di avere una relazione stabile o dei figli. Non voglio adottare un approccio disperatamente conservatore, dico solo che in questi casi ci si tiene ben lontani da menzionare tutte quelle donne che hanno semplicemente optato per un conto corrente condiviso per qualsivoglia ragione o che per loro scelta conducono una vita con prospettive diverse. Se vi piace, potete pure dire che non vengono menzionate le donne all’antica.
Povero è cool
È il mantra degli ultimi mesi, da quello che leggo nelle notizie. Forse deriva da un’evoluzione distorta del less is more.
Ma è ovvio che non è così. Come già dicevo nel Bit24 dello scorso mese, quando il Sole 24 Ore tentava di convincerci che gli italiani stanno diventando più abili nel riciclo poiché guidati dai principi di sostenibilità, tutto ciò deriva da un’unica grande verità: il popolo italiano, come tutti gli altri, è sempre più povero. Ciò che questo tipo di notizie rappresenta non è altro che un semplice indoramento della pillola che possa farci digerire il fatto che l’inflazione sta continuando a erodere i risparmi e i salari delle persone, costringendole a un cambio di comportamento economico che va dall’utilizzo della tecnologia all’alimentazione.
Io leggo anche altri due sottotesti:
Il primo è che a tutti piacciono gli oggetti di seconda mano e quindi a tutti piace essere poveri. Se a te non piace, hai un problema. Quindi vedi di farti piacere questa realtà.
La seconda riguarda l’immancabile collegamento con la questione ambientale. L’autore dell’articolo infatti ci tiene a precisare che l’impronta di carbonio di un telefono ricondizionato è inferiore del 78% rispetto a quella di uno smartphone nuovo. Il sottotesto che provocatoriamente mi piace leggere in questo caso riguarda la connessione esistente tra ambientalismo, rovina economica e riduzione del benessere generale. L’altro sottotesto, questa volta più evidente, è quello che ti sta dicendo che se nonostante tutto tu ancora puoi permetterti uno smartphone nuovo, è bene che quanto meno tu ti senta in colpa e che opti comunque per la stessa scelta di chi non può permetterselo, perché quest’ultima rimane la scelta migliore per un uomo virtuoso.
Buon Natale
Restiamo in tema povertà. L’inflazione rende il carrello della spesa natalizia più costoso del 9,2% in più rispetto al 2022 (per favore, se al pranzo di Natale trovate il parente che vuole sempre parlare di soldi e politica spiegategli che caro spesa o caro vita non vogliono dire nulla).
Come regalo di Natale vi lascio questa esilarante citazione presa proprio da questo articolo:
Tutto questo in attesa che l’effetto congiunto tra la frenata dell’inflazione (+1,7% a ottobre da 5,3% di settembre) e le politiche di calmieramento dei prezzi dei generi alimentari messe in atto dal Governo, per tutelare il potere di acquisto, possano produrre i loro effetti.
Ma che effetto volete che produca una frenata dell’inflazione? Siamo in balia di giornalisti che credono che un rallentamento della crescita dell’inflazione produca una diminuzione dei prezzi. Stesso discorso sul calmieramento dei prezzi, folle azione politica che non fa altro che creare carenze artificiali di beni. E se un bene diventa scarso, indovinate che cosa succede al suo prezzo.
Approfitto di questa notizia a tema festivo per augurare a tutti voi lettori una buona Viglia e un Buon Natale!
In realtà il regalo di Natale era un altro:
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Con questo dodicesimo episodio del 2023, si chiude il ciclo annuale di questa rubrica mensile. Fammi sapere se la apprezzi con un commento:
Ci vediamo il 31 dicembre con l’ultimo articolo dell’anno, il 2023 Recap.
Rubrica sempre molto interessante, complimenti